Dal 18 al 23 aprile, presso il Teatro Regio di Torino, s'è tenuta l'ennesima prova della compagnia “teatrale” di Shen Yun, filiale pseudoartistica del Falun Gong.
Anche stavolta, come nelle apparizioni precedenti, lo spettacolo non è stato tale da far registrare il tutto esaurito: tranne la prima serata del 18 aprile, tutti gli altri giorni molti posti sono rimasti vuoti ed altrettanti biglietti invenduti. Non s'è dunque trattato di un successo proprio epocale per un teatro di grande prestigio come quello torinese, che per giunta non può ospitare più di 1500 spettatori. Se è vero che i teatri non sempre è facile riempirli, nel caso di alcune piazze prestigiose, quale indubbiamente Torino è, il gioco risulta invece assai più facile, anche per spettacoli per così dire “di minori pretese”.
D'altronde, lo spettacolo era già attorniato da una cattiva fama, che ha scoraggiato o comunque dissuaso molti potenziali spettatori dall'andare a vederlo; e non soltanto per il prezzo come al solito esorbitante dei biglietti, che andava dagli 80 ai 150 euro laddove solitamente i prezzi variano dai 30 ai 90 euro con possibilità d'acquisto anche a prezzi sensibilmente inferiori per certi turni, spettacoli e posizionamento di posti; ma proprio per la cattiva reputazione che già la compagnia di Shen Yun s'era fatta nel frattempo, anche in altre città, con tutte le relative polemiche del caso, senza contare poi che a Torino il pubblico è per natura e tradizione molto più preparato che altrove.
Non andrebbe dimenticato, dopotutto, che Torino è la città “esoterica” per eccellenza, dove sette e discutibili personalità ad esse implicate fioccano più che altrove, secondo una tradizione che risale a ben prima del ‘700. Di conseguenza, nella città dei Savoia e degli Agnelli è possibile trovare tanto chi “tifa” per i vari gruppi mistici e religiosi, costituendo fortunatamente soltanto una minoranza per quanto pur sempre nutrita ed influente, e chi invece se ne tiene accuratamente al largo, se possibile anche avversandoli. Torino, più di altre città italiane che su queste materie hanno comunque una più che solida storia, è una città di massoni, di guru, di profeti, di esoteristi, di occultisti, di satanisti, e di tutto quel che può offrire il cospicuo e variegato panorama settario antico e moderno. Ecco perché, a Torino più che altrove, a vedere certi “spettacoli” c’imbattiamo soprattutto in figure ruotanti al mondo settario, cominciando anche da personalità politiche ed accademiche che da quel mondo ottengono dei benefici ben spiegati dal costante successo che sempre gli rivolgono. A Torino, più che altrove, è facile imbattersi in parlamentari disposti a perorare la causa di una qualche setta, magari anche solo una fake news da essa inventata per farsi commiserare e far presa sul pubblico, parlandone in pubblici eventi; oppure insigni professori e ricercatori universitari, e tutto un nutrito codazzo di giornalisti al seguito.
Questo spiega anche una certa discrezionalità dei media locali, che ad eccezione delle solite testate online gratuite presenti in ogni città hanno preferito glissare sull'argomento: nessun nome di rilievo ha voluto dire la sua in proposito, né prima né dopo. Insomma, i media ci sono andati cauti perché un articolo positivo verso Shen Yun a qualcuno avrebbe dato fastidio e ad altri invece non avrebbe apportato alcun effettivo beneficio, sullo sfondo di un più generale disinteresse di tutta la stampa.
Non a caso, a conclusione di tutto il nostro discorso, Shen Yun ha avuto successo più nell'ambiente politico locale che nel locale teatro: lo prova la sua visita al Consiglio Regionale del Piemonte, dove è stato accolto dal Presidente del Consiglio Regionale (che non è comunque il Presidente della Regione, ma solo colui che sovraintende e coordina i lavori dell'Assemblea regionale) Stefano Allasia, dal Vicepresidente del Comitato Diritti Umani e Civili Giampiero Leo e dall'Assessore regionale alla Cultura Vittoria Poggio. Scarno il comunicato pubblicato dal notiziario regionale, ben più corposo e trionfalistico invece quello pubblicato da Epoch Times, il giornale della setta Falun Gong proprietaria anche di Shen Yun, al quale non pareva letteralmente vero poter vantare ed immortalare per i posteri questo piccolo successo politico-mondano.
Se il comunicato regionale, ed ancor più la decisione di alcuni suoi amministratori eletti dai cittadini, è indubbiamente grave anche per le conseguenze politiche che avrebbe potuto innescare, esattamente come già era avvenuto nel caso della rappresentazione teatrale di Shen Yun tenutasi in predenza al Donizetti di Bergamo, che aveva suscitato le perplessità del console cinese a Milano, ancor più avrebbe potuto esserlo stavolta, proprio a causa della maggior importanza delle istituzioni in questione. E' un momento storico in cui l'Italia, decisamente, sta tenendo un comportamento poco costruttivo nei rapporti con Pechino, e certi schiaffi diplomatici risultano inutilmente provocatori e controproducenti: l'abbiamo già detto proprio nell'articolo dove esaminavamo il caso di Bergamo.
Non a caso le dichiarazioni dei tre rappresentanti regionali piemontesi, sostanzialmente un trito e ritrito ripetersi dei soliti vecchi slogan con cui è solita presentarsi in giro nel mondo la compagnia di Shen Yun a subdola difesa dei propri datori di lavoro del Falun Gong, risultano ben più gravi di quelle a suo tempo espresse dai politici e dirigenti teatrali bergamaschi, che quantomeno avevano ammesso di aver commesso un errore in buonafede, e di non saper ormai più come rimediarlo. In questo caso, invece, le dichiarazioni a favore dei teatranti della setta sono volute e difficilmente smentibili, ed ulteriormente aggravate dal fatto che per il Teatro Regio Shen Yun abbia già potuto firmare i contratti per le future stagioni del 2024 e del 2025: questo indipendentemente da chi ne sia stato promotore e responsabile.