
In un articolo, apparso al principio dell'anno in una pubblicazione online di giurisprudenza in materia d'immigrazione, è stato fatto riferimento al caso di una donna cinese appartenente alla discussa setta “Chiesa di Dio Onnipotente” nota anche “Lampo da Levante”, che in Italia è riuscita ad ottenere lo status di rifugiata. Come sappiamo, talvolta i seguaci di questa setta sono riusciti, sia pur dopo un non scontato dibattimento, ad ottenere tale protezione, con una serie di sentenza facilmente reperibili anche in rete.
Tuttavia, perché i dibattimenti in tribunale sono sempre risultati lunghi e dall'esito tutt'altro che scontato? Non soltanto per la difficoltà in sé di dimostrare l'appartenenza ad un gruppo religioso perseguitato, così come la natura di quelle persecuzioni personalmente ricevute: il sospetto che quella persona molto semplicemente stia montando un castello di scuse per ottenere l'agognato status di rifugiato, dopotutto, è più che comprensibile. Spesso abbiamo assistito a molti allarmi, condivisi dalla stampa e dall'opinione pubblica, circa persone legate a gruppi terroristi di matrice politica o religiosa, che giungevano in Europa presentandosi come povere vittime innocenti ed ingiustamente perseguitate. E' capitato in anni recenti con molti che giungevano a seguito delle Primavere Arabe, da varie aree del Medio Oriente, con una coscienza sporca dovuta al loro passato in sigle islamo-fondamentaliste e terroriste che una volta in Europa veniva accuratamente nascosta; e ciò ha indubbiamente contribuito ad alimentare successivi fenomeni di terrorismo anche nel nostro Continente, oltre ad irrobustire nella cittadinanza e nei ricercatori in materia la convinzione che altre “cellule dormienti”, pronte ad esplodere inaspettatamente, potessero prima o poi causarne altri ancora.
Tuttavia il terrorista o il miliziano che fuggiva da determinate aree mediorientali, nordafricane o subsahariane aveva l'interesse a nascondere il proprio passato, facendo perno sul fatto d'esser fuggito da un paese governato da un regime giudicato come “ostile” dai governi europei ed occidentali: ciò indubbiamente rappresentava per lui un grosso vantaggio in termini giuridici ed umanitari, favorito anche dall'operato di gruppi politici ed associativi pronti a sostenere la sua causa e soprattutto la sua “camuffatura” agli occhi delle nostre istituzioni giudicanti. Nel caso della persona che invece dichiara di fuggire da una persecuzione politica o religiosa, invece, la prospettiva si rovescia completamente: stavolta il suo interesse, infatti, è di dimostrare in tutti i modi di far parte di “quel preciso gruppo", cosa che ovviamente non può aver scritto in faccia, e che “quel preciso gruppo" non sia affatto una realtà pericolosa, di cui è condivisibile la messa al bando e la repressione da parte degli organi pubblici, ma al contrario una realtà del tutto benigna ed innocente. Il compito, forse “un pelo più difficile”, riesce comunque bene se consideriamo che anche stavolta, a dar sostegno a quella persona, intervengono associazioni, movimenti politici ed umanitari e singole personalità “di rispettata fama”, tutte pronte a perorare la causa della povera vittima innocentemente perseguitata, e soprattutto a dimostrare che di questo si tratti e non di un pericoloso estremista religioso o politico.
La differenza, in conclusione, è tutta qui: nel caso del miliziano islamo-fondamentalista bisogna dimostrare che questi assolutamente non faccia parte di quel movimento, ormai acclaratamente riconosciuto come estremista e terrorista; nel caso dell'aspirante rifugiato per motivi di persecuzione religiosa, invece, si deve dimostrare che questi davvero appartenga ad un movimento che al contempo i solerti difensori hanno tutto l'interesse a sdoganare come pacifico ed inoffensivo. Nel caso della donna appartenente alla Chiesa di Dio Onnipotente, i difensori devono quindi “dimostrare” che quel movimento sia ingiustamente perseguitato e represso nel paese dove è sorto, in questo caso la Cina, al contempo presentando quest'ultima come realtà politica ferocemente oppressiva. In virtù del credito che queste personalità detengono come “grandi esperti in materia” insieme alle associazioni politiche ed umanitarie che li circondano, i magistrati sono così indotti a fidarsi e a sentenziare in modo favorevole. Il punto però è proprio questo: siamo proprio sicuri che queste personalità, con le relative associazioni, siano davvero così “grandi esperti in materia”, e che meritino pertanto tutto quel credito da parte dei magistrati e delle istituzioni nostrane? Spesso abbiamo visto costoro in conferenze parlamentari o accademiche, intenti a perorare realtà assai discutibili come non soltanto la Chiesa di Dio Onnipotente, ma anche Scientology, il Falun Dafa e via dicendo; e tutti sappiamo bene quanto davvero discutibili siano queste realtà. Ad ascoltarli, sempre con grande rispetto ed attenzione, vi erano fior di parlamentari, giornalisti ed accademici, i quali non sapendone granché ovviamente si fidavano credendo alla buona reputazione di costoro. Ma quella buona reputazione, quel credito, sono anch'essi altrettanto discutibili quanto le discutibili realtà che sempre stanno a perorare.