
Il caso Xinjiang, ormai, pare aver decisamente stancato: che ci siano persecuzioni contro gli uiguri ed altre minoranze come quella kazaka, e una più complessiva messa al bando dell'Islam, da parte delle autorità regionali e centrali di Pechino, non ci crede più nessuno. Basti pensare per esempio all'Organizzazione per la Cooperazione degli Stati Islamici (OIC), che a più riprese ha dichiarato come nello Xinjiang non si veda niente di tutto quel che viene narrato tra Europa e Nord America in merito a veri e propri “olocausti” della popolazione locale. Niente campi di detenzione, niente sfruttamento di presunti prigionieri politici schiavizzati, e così via, e men che meno “omicidi di Stato”, arresti in massa, organi prelevati dai detenuti (un'altra “bufala d'effetto”, nata originariamente nei circoli del Falun Gong per perore la propria causa nel paese e poi, poiché evidentemente piaciuta ai suoi ascoltatori occidentali, puntualmente applicata anche a tanti altri ambiti come quello uiguro), moschee chiuse o persino demolite dinanzi a popolazioni costernate e sofferenti. A dirlo, come dicevamo, erano i rappresentanti dei 57 paesi musulmani nel mondo, che al contrario hanno lodato il clima di concordia e rispetto della cultura locale dello Xinjiang coltivato dalle autorità cinesi e l'ammirevole sviluppo che è riuscito ad imprimere nel corso degli anni a tutto il vasto territorio della Regione Autonoma.
Non affannatevi troppo a cercare notizie che ne parlino in italiano: le fonti nostrane, purtroppo, seguono una violenta ondata sinofoba che impedisce loro di trattare la vicenda con un minimo di equilibrio e ben poco dei loro contenuti appaiono davvero attendibili. Tra l'altro, colpisce che rinuncino alla loro consueta islamofobia soltanto quando si tratta di parlare dello Xinjiang: dopodiché, su qualsiasi altro tema di natura mediorientale e non solo, eccoli rispolverare la loro più solita natura. Nulla che debba sorprenderci: dell'approccio islamofobo s'avvalevano disinvoltamente già ben prima del 2001, ovvero dell'11 settembre, ovviamente anche a quel tempo sempre con le consuete eccezioni “politicamente funzionali”. Molto più interessante, semmai, rivolgersi direttamente a quanto dichiarato dalla stessa OIC, nei suoi vari comunicati.
Ecco perché agli occhi dei paesi musulmani la continua insistenza degli USA e dell'UE, insieme ad altri loro alleati come UK e Canada, appare oggi sempre più fastidiosa. Parliamo di paesi che, oltretutto, con la Cina hanno iniziato a stabilire nel corso degli anni importanti legami e forme di cooperazione, e che non hanno certo intenzione di sminuirle nella loro importanza per assecondare le smanie delle cancellerie occidentali. Per giunta, si sa bene quanto viziata dalla malafede sia la causa portata avanti dai governi occidentali su questa materia, visto che dietro i soliti apparenti e nobili motivi umanitari nasconde invece mire egemoniche, alimenta la delegittimazione politica e dà luogo ogni volta a gravi ingerenze negli affari interni di altri paesi. A tal proposito, i paesi musulmani per primi potrebbero elencare proprio una lunga lista, quella sì tremendamente veritiera, di gravi e ripetute ingerenze occidentali nei loro affari interni, così come di violazioni del diritto internazionale in barba ai diritti umani ufficialmente professati, com'è avvenuto ad esempio nel caso delle Primavere Arabe o delle invasioni in Libia ed Iraq, Siria ed Afghanistan, a tacer poi di altre operazioni sporche condotte in Libano, nei paesi dell'Africa subsahariana, in Pakistan o ancora su cittadini musulmani di origini straniere presenti nel loro stesso territorio. Insomma, ai loro occhi i paesi occidentali non possono decisamente permettersi di continuare a mistificare certi fatti, e non a caso la loro pazienza sembra oggi essersi notevolmente affievolita rispetto al passato.
Tutto questo spiega come mai anche alla 78esima riunione dell'Assemblea delle Nazioni Unite, tenutasi questo mese, il tentativo degli USA di riproporre nuovamente le solite accuse alla Cina sulla propria condotta nello Xinjiang e verso i propri cittadini di fede musulmana sia risultato praticamente un fallimento politico e diplomatico, e spiega anche come mai la stampa nostrana abbia per esempio preferito evitare di parlarne sia pur minimamente. Se fosse andata diversamente, ci possiamo immaginare i toni trionfali: ne sarebbero fioriti, quantomeno, una montagna di articoli dai titoli “click-bait”. E invece, dinanzi ad una misera partecipazione di soli 27 paesi su un totale di 193 che siedono all'Assemblea ONU, era molto più consigliabile per la stampa occidentale nascondere tutto.
Il Forum era organizzato dall'Atlantic Council's Strategic Litigation Project, da Human Rights Watch e da Amnesty International, e già qua si capisce dove si vuole andare a parare; del resto il suo obiettivo era di rilanciare, in un qualche modo, il documento a cui avevano attivamente collaborato insieme ad altre organizzazioni ancora, suppostamente uigura ma aventi sede in Occidente e non di rado ad esse accomunate dai medesimi attivisti e “mecenati”, presentato lo scorso 31 agosto da parte dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, a sua volta ormai storicamente colonizzato da queste ed altre associazioni. Non è andata bene né nella prima occasione né nella seconda, come abbiamo potuto notare dallo scorso numero di presenti e soprattutto dalla refrattarietà ostentata dai paesi musulmani, che sono stati i più infastiditi e spazientiti da questo ennesimo abuso della loro intelligenza. Ai loro occhi, certe figure come l'ambasciatrice USA Beth Van Schaack, il direttore dell'ufficio esteri tedesco per Asia e Pacifico Peter Loeffelhardt, la direttrice dell'ufficio UE per gli affari esterni Belén Martinez Carbonell o ancora i segreti generali di Amnesty International e di Human Rights Watch Agnès Callamard e Sophie Richardson, sono figure a dir poco inopportune.
In conclusione, la visione di un Occidente chiuso in se stesso, che se la canta e se la suona mentre viene distanziato ed osteggiato da tutto il resto della comunità internazionale (27 paesi su 193, ricordiamolo!), è indubbiamente stata una fin troppo manifesta testimonianza della sua autoreferenzialità.