Sarà forse un caso, accentuato dal recente vertice dei BRICS a Johannesburg di poco più di un mese fa, eppure ultimamente pare proprio che gran parte del mondo non adeguatamente allineato al blocco occidentale sia da questi preso di mira e demonizzati con maggior violenza, avvalendosi anche di un'immancabile formula come quella dei “diritti umani”, tra i quali la “libertà religiosa” campeggia indiscutibilmente. Non è difficile accorgersene, se consideriamo gli attori in diverse misure coinvolti da questa campagna di attacchi e demonizzazioni: tra i BRICS, oggi identificati come principali esponenti e portatori di una concezione multipolare dei rapporti internazionali alternativa alla vecchia concezione unipolare a guida statunitense, vi sono proprio quei paesi su cui oggi le sgradite attenzioni nordamericane ed europee piovono con la maggior copiosità. Oltre ai membri storici e fondatori, ovvero Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica, all'ultimo vertice si sono aggiunti anche altri come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto, Etiopia ed Argentina. Tutti, oltre a molti altri al di fuori del gruppo dei BRICS ma che da tempo esprimono il loro interesse ad entrarvi, guarda caso visti come “fumo negli occhi” in Occidente allorché si tratti di parlare, tra le varie cose, anche di “libertà religiosa”.
Certo, non tutti i paesi presenti nei BRICS, così come gli altri che vi sono ancora fuori ma che mirano ad entrarvi, hanno superato certi impasse interni relativi per esempio ad una perfetta coesistenza tra le varie fedi, o ancora in alcune loro aree regionali si stanno tuttora leccando le ferite per gravi episodi di natura confessionali che in passato vi sono capitati; ma possiamo forse dire diversamente anche per tutti i paesi che ancora oggi si ritrovano ed identificano nell'ordine unipolare a guida americana, cominciando proprio da quelli europei? Il caso dei Balcani, oggi pressoché del tutto inquadrato o comunque controllato dall'UE e dalla NATO con la gestione da oltreoceano degli USA, non parrebbe proprio dei più rassicuranti: interi paesi come Bosnia-Erzegovina, Kosovo ed Albania stanno conoscendo da anni una crescente radicalizzazione islamica, che fornisce terreno fertile a sigle fondamentaliste tristemente note e che pure in precedenza avevano dato in loco ripetute prove della loro temibilità. Dopo vent'anni, l'effettiva pacificazione di quei territori appare ancora ben lontana, ed anzi le recenti vissitudini occorse nella vicina Ucraina non hanno certo contribuito ad incoraggiarla: è notizia ricorrente, anche di questi mesi, la tensione etno-religiosa in atto nel Kosovo settentrionale a danno della minoranza serba, sotto l'occhio compiaciuto della NATO e del governo locale, e con l'ovvio inasprimento dei rapporti con la vicina Belgrado. Ma si tratta soltanto di un esempio, visto che nessuno ha ancora davvero il coraggio di gettare un pieno sguardo sui vasi di Pandora bosniaco ed albanese.
Tornando ai BRICS, sappiamo come in paesi quali il Brasile o l'Argentina la coabitazione tra diversi fedi di matrice cristiana sia diventata sempre più ardua e con contropartite non più tanto facilmente rassicuranti o prevedibili nella sfera politica e mediatica. Movimenti evangelici, pentecostali, millenaristi e d'ogni altro genere, si sono col tempo sempre più affermati in tutta l'America Latina, sottraendo vaste quote di fedeli alla più tradizionale Chiesa Cattolica. Ad avvantaggiarli, lo smantellamento della Teologia della Liberazione condotto tramite le vecchie giunte militari degli Anni ‘70 e ’80 coordinate da Washington nel più vasto Piano Condor e col compiaciuto consenso del Vaticano di allora, che evidentemente non prevedeva ancora quali sarebbero state poi le conseguenze. Del resto, l'infiltrazione e l'espansione di quei movimenti in tutta l'America Latina agli occhi degli USA era ulteriormente funzionale sia all'indebolimento della Teologia della Liberazione, che al mettere in condizioni di maggior ricattabilità la stessa Chiesa Cattolica, oltre al garantirsi un superiore “soft power” nella regione con cui ancor più irrobustire la non indifferente influenza già detenuta. Abbiamo visto come ciò abbia effettivamente funzionato, ad esempio con la costruzione di fronti di opinione pubblica ben guidati e capaci di sostenere, al momento opportuno, nientemeno che un Bolsonaro in Brasile; ma ora si vorrebbe ripetere l'esempio anche con Milei in Argentina.
Del resto questo schema aveva e tuttora ben funziona anche altrove, in altre aree del cosiddetto “Sud del Mondo”, come ad esempio in Africa o in Asia, in particolare nel Sud Est Asiatico. Innestandosi sul solco del culto cattolico preesistente, i vari movimenti pseudoprotestanti non hanno avuto grandi difficoltà a farsi strada in paesi dove già l'impronta coloniale occidentale era stata fin troppo forte e spersonalizzante. A dar loro un ulteriore vantaggio, come del resto fanno anche in America Latina, una sorta di politica di “Stato sociale ombra” che permette loro di reclutare letteralmente nuovi fedeli con pacchi alimentari, di vestiario e piccoli emolumenti in denaro: in questo modo, approfittando della povertà vissuta da profondi strati della popolazione locale, il loro gioco è risultato ancor più facile. Ma intuibilmente per far tutte queste cose servono soldi, molti soldi, e teoricamente dei movimenti cristiani minori o persino di recente formazione non dovrebbero averne proprio così tanti. Indagando un po', non è difficile scoprire che tutta quella massa di denaro giunga in realtà dagli USA ed in generale da un po' tutti gli Stati del mondo anglosassone, in particolare Canada ed Inghilterra, attraverso varie fondazioni e società ufficialmente di beneficenza: dunque, non semplici gruppi di parrocchiani che si tassano per aiutare i correligionari più sfortunati in altre parti del mondo, ma entità governative ben più in alto e ben più dotate.
Questi sono ovviamente soltanto degli esempi, che continueremo ad elencare nelle prossime puntate.