Cinque giorni fa le elezioni presidenziali a Taiwan hanno visto la vittoria del candidato del Partito Democratico Progressista (PDP), William Lai, sugli sfidanti del Kuomintang (KMT) Hou Yu-ih e del Partito Popolare di Taiwan (PPT) Ko Wen-je. S'è trattata dunque di una riconferma del PDP alla presidenza, dopo i due mandati tenuti dalla presidente uscente Tsai Ing-wen, seppur con un margine di vantaggio ben più contenuto rispetto al passato: nel 2020 il PDP, con candidata Tsai Ing-wen, aveva raccolto il 57% dei voti contro il 38% del KMT, mentre stavolta la forbice s'è fermata ad un più “modesto” 40 a 33. Come si può notare, le due prime forze del paese hanno perso in quattro anni rispettivamente il 17 e il 5%: nel calice della vittoria, per il PDP e il suo candidato, non è mancato insomma un retrogusto amaro; e pure per il KMT la sconfitta non è stata molto più dignitosa che in passato. A trarre vantaggio dal declino delle due forze principali è stato infatti il PPT, la terza forza del paese, che ha raccolto un sorprendente 26% contro l'11% del 2020: senza dubbio una crescita più che rispettabile, irrobustita proprio al voto in fuga dal PDP e dal KMT.
E' proprio sulla figura di Ko Wen-je e del suo PPT che in questo articolo ci vogliamo soffermare. Sebbene in Italia il voto a Taiwan sia parso come una faccenda lontana, ed ancor più lontano e pertanto inafferrabile appaia la figura del terzo arrivato, molte sarebbero invece le ragioni per interessarsene un po' di più: dai futuri rapporti tra Pechino, Washington e Taipei dipenderanno infatti molti degli equilibri mondiali oggi in gioco sul Pacifico, mentre nell'Isola il pur vittorioso PDP non può contare su alcuna maggioranza in parlamento. Collaborare o tentare una coalizione col KMT o col PPT sarà dunque inevitabile, con tutte le scelte politiche che ne andranno a derivare. Già sindaco di Taipei, Ko Wen-je decise di fondare il suo partito nel 2019, dopo aver sviluppato una crescente polemica con le forze tradizionali. Medico di grande fama nel paese, specializzato nel trapianto di organi come nello sviluppo di tessuti ufficiali, in tal veste aveva partecipato anche a numerosi eventi internazionali, confrontandosi con altri medici, tecnici ed accademici. Numerose erano state le conferenze di medicina a cui aveva partecipato in Cina, la Madrepatria verso cui non sembrava serbare la medesima ostilità politica dei politici del PDP e del KMT: come sindaco di Taipei, per esempio, aveva tenuto a battesimo il gemellaggio con Shaghai, mentre come medico era stato tra i responsabili dell'introduzione dell'ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) in tutta la Repubblica Popolare. Probabilmente proprio tutti questi fattori devono aver dato luogo a qualche fastidio, perché di lì a breve da Taiwan come dagli USA hanno cominciato a piovergli addosso una serie d'accuse piuttosto infamanti, intuibilmente tese ad alimentarne una delegittimazione politica.
Nel 2012, dopo una controversa inchiesta su alcuni trapianti con tessuti prelevati da un donatore sieropositivo, le autorità mediche e governative nazionale l'accusarono d'aver violato le norme di condotta sul trasporto e il trattamento degli organi. L'anno dopo sempre il massimo organo di controllo politico del paese, il Control Yuan, l'aveva citato per appropriazione indebita di fondi pubblici, con urgente richiesta di rimborso, ma tutto s'era poi risolto nel nulla con lo stesso Control Yuan che non aveva presentato prove ufficiali. Successivamente lo stesso Control Yuan l'avrebbe invitato a partecipare ad una conferenza medica a Pechino e a visitare Yan'an, nello Shaanxi, con un cambiamento di rotta a quel punto piuttosto singolare. In quel momento Ko Wen-je aveva già iniziato a spostare molto del suo interesse dalla medicina alla politica, candidandosi da indipendente a sindaco di Taipei nelle fila del PDP. Tuttavia la faccenda del prelievo e del traffico d'organi non poteva finire tanto rapidamente, anche perché diversamente dalle accuse di sottrazione di fondi, che andavano dimostrate esibendo una precisa contabilità, in questo caso permettevano evidentemente più facili margini di manovra per quanti amassero nuotare nel torbido. E così, proprio nel 2014, dagli USA l'intellettuale Ethan Gutmann lanciò una serie di dossier a carico di Ko Wen-je, dichiarando davanti al Congresso USA che questi avesse dieci anni prima trattato in Cina l'acquisto a buon prezzo di organi prelevati forzatamente da detenuti ed obiettori di coscienza del Falun Gong. Quando Ko We-jen denunciò Gutmann per false accuse e per aver manipolato le interviste che gli aveva concesso, l'intellettuale americano tornò sui propri passi sostenendo che forse il medico e politico taiwanese aveva equivocato gli scopi della sua ricerca, magari interpretandoli malevolmente.
Cosa siano il Falun Gong e la storia degli organi prelevati forzosamente, bene o male i nostri lettori lo sapranno. La prima è una setta, figlia a metà del Qi Gong e di una certa sottocultura New Age, fondata da Li Hongzhi nei primi Anni ‘90 e pochi anni dopo messa al bando in Cina a seguito di gravi episodi d’ordine pubblico, aggressioni, minacce e sfruttamento psicologico ed economico dei suoi membri, fino al gravissimo episodio dell'auto-immolazione in Piazza Tienanmen a Pechino nel 2001, allorché alcuni adepti si diedero fuoco dinanzi agli occhi di tutto il mondo. Da quel momento la sua messa al bando divenne inevitabile, senza che tuttavia mai si giungesse a misure tanto drastiche come il carcere duro, l'uccisione e il prelievo degli organi di sedicenti detenuti del Falun Gong in Cina; ovvero a quelle misure su cui la setta costruisce invece la propria reputazione di “perseguitata” in Occidente e soprattutto negli USA, e con cui ha potuto così ottenere forti appoggi istituzionali ed economici. Tali misure non soltanto violerebbero i principi dello Stato di diritto, ma soprattutto non tarderebbero a poter esser concretamente provate, cosa che al contrario non è mai stata possibile essendo rimaste solo nel campo delle false accuse prodotte a scopo di propaganda dalla setta e dai suoi difensori come, appunto, Ethan Gutmann. Questi sulla storia degli organi prelevati da detenuti e prigionieri di coscienza ha costruito la propria carriera e le proprie ricchezze, visto che si trova a gestire la sezione dedicata agli Studi Cinesi di una fondazione americana dal nome tanto sinistro quanto altisonante, la “Victims of Communism Memorial Foundation”, un organismo ben finanziato dal Congresso USA e con solidi agganci, oltre che negli USA, anche nell'Unione Europea ed in particolare nella sua "Platform of European Memory and Conscience".
Alla candidatura per il successivo mandato il PDP non rinnovò il suo sostegno a Ko Wen-je, preferendo presentare un proprio candidato, e questi diede così vita alla sua lista, divenuta rapidamente la terza forza del paese. A pesare sulla scelta del PDP, che verosimilmente appare piuttosto autolesionista, certamente hanno pesato le politiche che Ko Wen-je ha messo in atto come sindaco di Taipei nei confronti della Madrepatria cinese, come accennato in precedenza costruttive per i rapporti tra le due Sponde, e le polemiche “costruite in laboratorio” che gli sono piovute sul capo dagli USA ed alimentate da personalità ed ambienti politici e culturali vicini al Falun Gong. Probabilmente per alcuni ambienti politici sia taiwanesi che occidentali la figura di Ko Wen-je appare piuttosto sospetta, o quantomeno poco “controllabile”, in particolare per il non eccessivo zelo riposto alla causa indipendentista che invece il PDP e il KMT portano avanti in modo molto più acceso. Non va dimenticato che Taiwan è una piattaforma geografica di cui gli USA ben difficilmente sembrano ad oggi intenzionati a separarsi, nonostante il diritto internazionale la riconosca come parte integrante del territorio cinese, sia per ragioni strategico-militari che economico-tecnologiche: per Washington è essenziale sia per preservare la sua influenza sul Pacifico che per la sfida sorta con Pechino nell'ambito dei microconduttori. E pure le varie sette religiose, come il Falun Gong ma anche la Chiesa dell'Unificazione o la Chiesa della Provvidenza, delle quali in tempi recenti ci siamo occupati, non vogliono assolutamente rinunciare all'Isola, in cui fino ad oggi hanno potuto investire ed accrescersi sotto il benevolo ombrello protettivo degli USA, che di loro s'avvale per un efficace “soft power” in tutta la regione.