Tra il 28 e il 30 novembre 2023 s'è tenuta a Praga la Conferenza Intergovernativa dell'International Freedom of Belief Alliance (IRFBA), iniziativa parallela ad altre analoghe e di natura ministeriale tenutesi a Washington e a Londra ed animata dalla partecipazione di vari studiosi di diversi paesi europei, così come d'oltremanica ed oltreoceano. Per chi non l'avesse ancora sentito nominare, si tratta di un ente statunitense, ma dalla grande influenza in Europa e sulle istituzioni comunitarie; pure la scelta di un paese come la Repubblica Ceca per ospitarne la conferenza non deve sorprendere, se consideriamo la linea politica accesamente atlantista e filoamericana che Praga porta avanti nell'Europa dell'Est come nelle sedi UE. Esponenti di sessanta diversi paesi, intellettuali, studiosi, leader religiosi, sono intervenuti alla Conferenza esaminando i casi di violazione delle libertà religiose da parte di almeno 37 paesi, pur soffermando il grosso della loro attenzione soprattutto su alcuni che in questo momento sembrano agitare l'agenda politica di Washington più di molti altri: la Cina, la Russia, l'Ucraina e l'Iraq, solo per citare i principali.
Nel caso iracheno, la questione si va a collegare ai fatti recenti, legati a quanto sta avvenendo col conflitto israelo-palestinese riesploso a Gaza dallo scorso 7 ottobre, e che portano molti analisti a ritenere l'Iraq un attore essenziale in tutta la complessa partita geopolitica mediorientale: la maggioranza sciita della popolazione, infatti, spinge per un avvicinamento del paese all'Asse della Resistenza composto da Iran, Siria ed Hezbollah, oltre a simpatizzare per gli sciiti yemeniti Houthi. Molti combattenti iracheni con anni d'esperienza alle spalle, dopo essersi cimentati nel lungo conflitto siriano in sostegno di Assad, si stanno ora dirigendo in Libano, per dar manforte ad Hezbollah, e nel frattempo gli USA pianificano d'inviare nuovi rinforzi nelle loro basi situate sia nel Kurdistan iracheno che nelle aree siriane tuttora al di fuori del controllo del governo di Damasco.
Nel caso ucraino e russo, invece, il collegamento è intuibilmente da riferirsi alla guerra in atto dal febbraio 2022, che ha avuto indubbie ripercussioni anche sotto il profilo religioso. Tra ucraini ortodossi filogovernativi, legati alla nuova chiesa ortodossa creata ad hoc dal governo di Zelensky su impulso europeo ed americano, e loro correligionari rimasti legati alla vecchia chiesa vincolata al Patriarcato di Mosca e messi sempre più alle strette dalle autorità di Kiev, lo scontro non sembra destinato a spegnersi troppo brevemente; anzi, c'è di che credere che continuerà anche dopo, a guerra finita, indipendentemente da quale ne sarà l'esito. La contesa è ulteriormente complicata non soltanto dalla chiesa greco-cattolica in senso stretto, vincolata alla Chiesa Cattolica Romana pur mantenendo le vecchie insegne ortodosse ed esistente nel paese dal ‘500, che costituisce nel paese il terzo blocco più importante; ma anche da altri movimenti minori, che spaziano dal cristianesimo protestante nelle sue varie forme fino, soprattutto, a numerose sette affermatesi abbondantemente a partire dalla sollevazione di Piazza Majdan del 2014 e dal conseguente avvicinamento del paese alla sfera d’influenza euro-americana. Nei nostri articoli abbiamo più volte raccontato della strana e preoccupante presenza, sia nella società che nelle più alte istituzioni ucraine, dal governo ai militari fino all'intelligence, di varie sette sataniste, nazisataniste, evangeliche, New Age, di Scientology, del Falun Gong, ecc.
Infine il caso principale, quello cinese, a cui i conferenzieri hanno per l'appunto dedicato il grosso della loro attenzione: tant'è che si potrebbe quasi dire che la Conferenza di Praga fosse dedicata soprattutto agli affari interni di Pechino. Dal Falun Gong alla Chiesa di Dio Onnipotente, dai movimenti separatisti Uyguri a quelli della Mongolia Interna, grossomodo i convenuti hanno cercato di toccare tutti i temi, senza ometterne nessuno. Intuibilmente, molta preoccupazione è stata riposta anche agli ultimi sviluppi di Hong Kong, la cui stabilizzazione interna non è stata giudicata certo di buon occhio, e così pure alle elezioni a Taiwan, che si sarebbero tenute ad anno nuovo.
La Conferenza s'è tenuta nei tempi e nei modi previsti dagli organizzatori, seppur “funestata” da un piccolo episodio che l'ha preceduta smascherando molte delle sue apparentemente "nobili" intenzioni. Il 22 novembre a Bruxelles un piccolo gruppo d'accademici e ricercatori s'è infatti riunito per mettere in guardia dalla falsa propaganda che la Conferenza avrebbe prodotto; per non parlare pure dei materiali che essa avrebbe prodotto e che sarebbero stati fonte d'ispirazione per quanti, nei settori strategici statunitensi ed atlantisti, successivamente ne avrebbero ricavato le linee da seguire nella lotta a paesi visti da Washington come “avversari” globali o regionali, da ostacolare proprio con l'infiltrazione e la regia di gruppi eversivi mascherati da movimenti religiosi. Tra i principali esponenti, si notavano alcune figure note nel mondo dei professionisti della lotta alle sette religiose e nell'assistenza e deprogrammazione di loro adepti, come Steve Hassan, Sven Aerts e Roland Delcour. A tutti costoro, gli organizzatori della Conferenza hanno rimproverato vari difetti, che in sé non sono tali ma che a loro giudizio sarebbero stati così infamanti da poterli a quel punto “disarmare”, in modo da autolegittimarsi automaticamente a loro danno. Insomma, la famosa “macchina del fango”. Steve Hassan, per esempio, è stato descritto come un fanatico anti-cultista, mentre a Roland Delcour è stato rimproverato il fatto d'esser sposato da vent'anni con una donna cinese, d'aver vissuto a Shenzhen e di collaborare di tanto in tanto con media cinesi come il “Quotidiano del Popolo” su argomenti di psicologia e religione, ovvero temi inerenti il proprio lavoro. Di Sven Aerts, invece, sono state rimproverate le frequentazioni con le comunità asiatiche a Bruxelles, ed in particolare con alcune ragazze asiatiche dalle proporzioni fisiche ritenute un po' troppo abbondanti: quanto basta, anche in questo caso, per delegittimarlo con una ridicolizzazione che farebbe perno su dei gusti sessuali un po' “insoliti”. In generale, la “macchina del fango” messa in atto dai grandi “luminari” della Conferenza per la Libertà Religiosa a Praga, ovvero della potente fondazione americana di cui sono espressione, s'è basata tutta su dossieraggi improvvisati nei profili social dei tre professionisti, allo scopo d'individuarne elementi che servissero ad una loro delegittimazione tramite descrizioni dai toni comici se non proprio, almeno in certi casi, grotteschi.
Soprattutto, il fatto che questi professionisti si siano occupati di sette religiose come il Falun Gong e la Chiesa di Dio Onnipotente, sorte in Cina e successivamente da lì espulse per la loro pericolosità sociale, e che hanno trovato riparo in Occidente venendovi assoldate come utili alleate nella lotta a Pechino, è stato il principale movente per gli animatori della Conferenza di Praga per diffamarli ricorrendo appunto ad aspetti più curiosi o coloriti della loro vita privata, veri o reali che siano. Gli organizzatori della Conferenza, si capisce, non potevano ricorrere ad altre vie, ad esempio contestarli sulla veridicità delle loro accuse, che sono infatti inoppugnabili: solo a costo di mentire spudoratamente si potrebbe infatti affermare che il Falun Gong o la Chiesa di Dio Onnipotente, e così tante altre sette ancora, siano del tutto innocue o perfino positive per il benessere della società e dei cittadini. Quindi, non sapendo come rispondere alla contestazione che su di loro pioveva da parte di seri e preparati professionisti, costoro hanno ben pensato di ricorrere alla “macchina del fango”, scendendo ai più gretti “colpi bassi”. Non ci deve sorprendere: ormai i “pro-sette”, per difendersi dalle critiche, anziché contestare quest'ultime nel merito e sugli argomenti, che non hanno, si difendono semplicemente deridendo e delegittimando i loro accusatori. E' il massimo che possano fare.