A metà marzo avevamo assistito alle apparizioni di pochi dimostranti del Falun Gong in varie località, da Roma a Salerno, da Milano a Mestre, fino a Cagliari: tutte come già sappiamo, e com'era facilmente prevedibile, poco gratificate dalla buona sorte. Un pugno di persone, spesso le stesse, a malapena riuscivano a cogliere l'attenzione di qualche incauto passante, che avvicinavano “catechizzando” finché non riusciva in qualche modo a venirne fuori: non prima, chiaramente, d'aver magari concesso la sua firma ad una delle solite petizioni avanzate dalla setta o d'essersi pazientemente messo in mano uno dei suoi volantini “in regalo”.
Ebbene, a riprova di una rinnovata vitalità che non sembra almeno per il momento lasciarsi scoraggiare dalla scarsa attenzione del pubblico, i praticanti della setta hanno ben pensato di tornare nuovamente in piazza, in cerca di nuovi malcapitati su cui esercitare le proprie doti di proselitismo. La prima dove sono riapparsi, proprio il 30 marzo ovvero il giorno prima della Pasqua, è stata Cagliari: là, sempre nell'ormai prediletta e centrale Piazza Garibaldi, erano in due o tre, stavolta senza il gazebo e solo con un piccolo ed improvvisato banchetto. Un corto striscione legato sotto gli alberi della piazza e una sorta di traliccio con qualche cartello informativo componevano il resto di un arredo che, alla vigilia della Pasqua, in una città coinvolta dall'incombente festività e dall'ultimo shopping che va a precederla, indubbiamente aveva ben altro a cui pensare che le preghiere pubbliche del Falun Gong. Probabilmente lo sparuto capannello, poco più che un'accoppiata, ha pensato d'approfittare del fine settimana pasquale per intercettare quanti più passanti possibile, ma non ha tenuto conto di un piccolo dettaglio: che proprio per via della festività della Pasqua il pubblico non aveva certo il tempo e la voglia d'intrattenersi a guardarne le preghiere, cosa che del resto mai l'aveva avvinto neppure in precedenza. Comprensibilmente i due o tre ragazzi del Falun Gong cagliaritano, da non cattolici, non hanno pensato che invece tutti gli altri loro concittadini in buona parte lo siano, e che proprio per questo dedicarsi alla Pasqua, con blanda o sentita osservanza che sia. Peraltro, anche i non cattolici per abitudine e senso della festa partecipano a loro volta alla Pasqua, come del resto al Natale o ad altre festività, sia per rispetto della tradizione che della famiglia: tutti, in fondo, abbiamo bambini che aspettano desiderosi l'uovo di cioccolata o parenti soliti riunirsi tutti insieme per il pranzo pasquale. Insomma, è stato un fiasco.
Peggio ancora è andata a Firenze sempre in quello stesso sabato, dove i praticanti del Falun Gong erano in cinque o sei, fermi in pieno centro con un piccolo gazebo sotto il quale era collocato un banchetto col solito materiale divulgativo; accanto, un altro traliccio a quattro piedi con le solite illustrazioni informative. Il volantinaggio ha preso di mira i vari passanti usciti per lo shopping festivo, oltre a qualcuno di loro che con comprensibile curiosità si soffermava ad osservare questi strani individui in maglietta gialla che si dedicavano ai loro esercizi orientaleggianti. In prevalenza, a parte qualche famigliola italiana, i più colpiti sono stati soprattutto i turisti stranieri, facile preda nel centro di Firenze per ogni attore di strada e piazzista (in questo caso la parola effettivamente calza proprio a pennello) di sorta. Modesti in ogni caso i risultati, dacché la distrazione del pubblico coinvolto da ben altre attrazioni come il clima pasquale, lo shopping o il giro turistico, lo rende in generale poco attento e pure piuttosto smemorato verso ogni forma di “apostolato” incontrata sul proprio cammino. Se l'obiettivo era quello d'intercettare quanto più pubblico possibile approfittando della bella giornata e del clima pasquale, si può dunque dire che anche in questo caso l'intento non sia stato coronato dal successo.
Sorgono allora altre domande, circa ulteriori e diversi intenti che intuibilmente la setta ripone in queste sue nuove apparizioni primaverili, tra quelle già descritte la volta scorsa e quest'altre ancora. Come già descritto in passato, anche quest'anno la stagione di Shen Yun, il corpo di ballo della setta e suo principale canale di propaganda, non è andata affatto bene: poco pubblico, in gran parte sdegnato dagli spettacoli giudicati come truffe, e via discorrendo. Per il Falun Gong è la drammatica conferma che questo genere di spettacoli, in Italia, non trovano il gradimento di nessun altro al di fuori dei soliti pochi simpatizzanti e d'altrettanto pochi disaccorti che non hanno migliori termini di paragone; per giunta, se Shen Yun è la forma di propaganda più efficace che può avere, figuriamoci le altre. In quanti, dopotutto, in Italia leggono l'edizione online di Epoch Times o guardano la TV internet della setta, New Tang Dinasty? Quest'ultima aveva conosciuto un lieve momento di maggior successo ai tempi della pandemia, per poi subito sgonfiarsi di nuovo: anche il pubblico più conservatore, anticinese o disponibile a credere alle peggiori fake news e teorie complottiste, andando su internet, ha semplicemente l'imbarazzo della scelta in fatto di canali YouTube su cui sfogarsi e a cui fidelizzarsi, e di NTD non ha quindi affatto bisogno. D'insuccesso in insuccesso, il rischio è che alla sede centrale della setta, a New York, i vertici comincino a non credere e fidarsi più dei dirigenti della sua filiale italiana, a cui evidentemente ogni anno trasferiscono molto denaro senza veder in cambio seri e palpabili riscontri. Prima o poi qualche testa, in Italia, cadrà, e pure il flusso di denaro calerà o s'interromperà, al limite andando a beneficio di qualche nuovo dirigente italiano individuato per l'occasione. Questo apre a nuovi sospetti e faide nella setta, ne riaccende le sempiterne e mai cessate rivalità interne, paradossalmente accelerandone anche la fine. Stiamo insomma assistendo alla moria di una setta, alla sua agonia.
Quello che stanno facendo ora i praticanti della setta, tornando a mostrarsi in pubblico il più possibile, facendosi fotografare ad ogni sia pur minima apparizione in pubblico, contiene un messaggio preciso rivolto alla dirigenza di New York, ovvero al “cerchio magico” riunito intorno al suo guru Li Hongzhi: “ci stiamo dando da fare, c'impegniamo tutti i giorni, guardate quanto siamo bravi, non potete fare a meno di noi, vi dovete fidare di noi, ecc”. E' un segno di disperazione dei vecchi dirigenti italiani, che sentono gravare sulla propria testa il momento della fine. Ma è anche un modo, classico ed antico come il mondo, dei nuovi aspiranti dirigenti del futuro di mettersi in luce, di farsi ugualmente vedere il più possibile, di dimostrare ai vertici della setta a New York che loro sì sono quelli affidabili, su cui puntare, da scegliere come nuovi capi della filiale italiana del Falun Gong, perché più intraprendenti e motivati degli attuali, e più all'altezza di portare a casa un successo. Non è un caso che ci siano pure delle figure, che ultimamente sono riapparse proprio in queste giornate di marzo, scomparse da tempo e guarda caso ritornate in scena proprio adesso: hanno fiutato che il momento della loro vendetta s'avvicina, e sono intenzionate a prendersi quel posto che in precedenza mai gli era stato dato. Insomma, nel Falun Gong si sta avvicinando la “notte dei lunghi coltelli”, la resa dei conti che potrebbe propiziare un possibile cambio della guardia: tutti sembrano pronti, disposti ad intraprendere una lotta in cui non si faranno prigionieri.