Non possiamo ancora sapere se pure stavolta, davanti ad una giustizia americana con cui va sempre più collezionando accuse, inchieste e processi, il Falun Gong farà come già si vide in Cina negli Anni ‘90, ossia mettendosi a piagnucolare in tutto il mondo di persecuzione politica, dipingendosi da vittima e cercando nuovi rifugi e mecenati. Tuttavia, a meno che qualcuno dai piani alti dei palazzi del potere americano non intervenga a coprirlo, così da riaffermarne la consueta impunità, la possibilità non potrebbe farsi tanto remota. Ma chi avrà, anche stavolta, davvero voglia di sporcarsi di nuovo le mani per una setta che sempre più elementi ormai indicano come in caduta libera? Dopotutto, il fatto che si ritrovi ora tanto esposta alle attenzioni dei giudici americani suggerisce che qualche suo vecchio protettore potrebbe essere venuto meno o che magari, approfittando pure della sua situazione sempre più sconveniente ed indifendibile, abbia proprio deciso di liberarsene una volta per tutte. In precedenza, infatti, nessun magistrato avrebbe potuto avvicinarsi più di tanto alla setta fondata da Li Hongzhi, e quando vi furono dei tentativi non si può certo dire che ebbero un effettivo seguito: tutto si concludeva inevitabilmente nell'insabbiamento, dinanzi al fuoco di fila di legali ultrabellicosi ed ultracostosi, indubbiamente ben capaci nello stroncare sul nascere o persino ancor prima inibire ogni procedimento.
Il lavoro di tanti giornalisti americani, dalle pagine delle loro testate nazionali o talvolta anche soltanto locali, non mancava comunque; tanti sono stati gli articoli che descrivevano l'atmosfera non proprio idilliaca che si respirava intorno alla setta, tra manipolazione, disinformazione e fanatismo che stringevano in un sol blocco vertici, adepti e relativi simpatizzanti, spesso politici che in cambio del suo serbatoio elettorale ed economico garantivano al Falun Gong una sponda lobbistica nei loro partiti e nelle istituzioni repubblicane. Altri ancora, di più frequenti, descrivevano invece le assurdità disinformative di testate come Epoch Times, soprattutto quando questo giornale a diffusione praticamente internazionale e multilingua aveva cominciato a guadagnarsi sempre maggior notorietà grazie all'appoggio dato a Donald Trump durante la campagna elettorale del 2015; oppure la qualità non proprio lodevole degli spettacoli tenuti dalla compagnia teatrale della setta, Shen Yun, i cui contenuti propagandistici apparivano di una pesantezza ed una grossolanità madornali. Tuttavia, non sempre riuscirono a far breccia sul mediamente poco scolarizzato pubblico americano, un po' per una sua generale distrazione dai temi d'approfondimento, un po' per una sua comprensibile assuefazione a fenomeni consimili, intuibilmente più sensibile proprio alle rozze ed altisonanti sirene di media come Epoch Times o alla falsa arte e alla falsa cultura di commedianti come Shen Yun.
Adesso, però, le cose potrebbero sensibilmente cominciare a cambiare. Dopo gli scandali fiscali e finanziari che a giugno hanno riguardato Epoch Times, tocca ora proprio a Shen Yun subire analoghe attenzioni da parte della magistratura americana. Nel caso di Epoch Times la sua dirigenza si ritrovò nei guai per il suo praticare un abituale e disinvolto storno di capitali da e per l'estero a mezzo di criptovalute, mentre stavolta le accuse che piovono su Shen Yun sono di tutt'altro tipo, ma non certo meno pesanti: secondo il Dipartimento del Lavoro dello Stato di New York, infatti, la compagnia artistica e teatrale afferente alla setta-holding di Li Hongzhi avrebbe sistematicamente violato le non certo blande leggi locali in materia di lavoro minorale. Al momento sarebbero già state raccolte decine di testimonianze da altrettanti giovani artisti, tra musicisti, ballerini ed acrobati, che la compagnia avrebbe avrebbe sottoposto a ritmi di lavoro massacranti, con retribuzioni irrisorie o persino nulle. Tutti questi giovani artisti sono quasi sempre figli di devoti, per non dire devotissimi, seguaci del Falun Gong, e ciò aggrava ulteriormente la loro condizione di ricattabilità: di fatto è come se si ritrovassero tra due fuochi, soggetti a pesanti pressioni emotive e psicologiche, a tacer di quelle fisiche, tanto dalla setta e dalla compagnia dove operano quanto dalla famiglia da cui provengono e con cui vivono. Non hanno quindi la possibilità di un dialogo, di un confronto e, in caso di crolli o cedimenti emotivi, di uno sfogo: sono costretti ad un eterno silenzio, e alla disperazione di chi sa di non aver praticabili vie d'uscita intorno a sé. L'isolamento, oltretutto, è ancor più accentuato dall'ubicazione non proprio centralissima della struttura in cui Shen Yun opera, nella contea newyorkese di Orange, permettendo così alla compagnia di poter procedere con ancor più sicurezza nella sua consueta violazione del diritto, lontana da occhi indiscreti.
Secondo la normativa dello Stato di New York, infatti, i minori impegnati in attività artistiche devono possedere le necessarie certificazioni e svolgere le loro attività entro turni lavorativi specifici, e del pari ricevere una prestabilita quota di guadagni da depositarsi in conti correnti fiduciari di cui potranno disporre in futuro. Shen Yun, naturalmente, non ha mai fatto niente di tutto questo, aggirando le regole dalla sua fondazione fino al 2024, ovvero per quasi vent'anni, quando, intuendo che il gioco stava cominciando a farsi troppo rischioso, ha finalmente cominciato a richiedere la certificazione obbligatoria. I giovani artisti erano sottoposti a condizioni di vero e proprio asservimento, con turni massacranti che iniziavano dalla mattina presto per concludersi a tarda notte, con orari limitatissimi per i pasti e per il sonno; durante le varie tournée, sia negli Stati Uniti che all'estero, erano costretti ad esibirsi anche due volte in un giorno, oltre a doversi prestare per il trasporto delle pesanti attrezzature della compagnia e tutta la parte logistica. Solo i grandi guadagnavano qualcosa, ma non molto considerando che quasi tutto finiva nelle casse della compagnia e del Falun Gong che la possiede, ovvero di Li Honghzi e dei suoi: Evan Glickman, che per anni ha lavorato per Shen Yun come percussionista guadagnando in totale solo 35mila dollari, ha raccontato al New York Times che per due terzi la sua orchestra si componeva di giovani e giovanissimi ancora in formazione, senza i quali letteralmente la compagnia non avrebbe potuto funzionare. Di fatto, non avrebbe potuto funzionare senza il loro lavoro gratuito, perché la reale funzione di Shen Yun non è tanto quella di fare arte e cultura, teatro e musica, ossia di produrre e diffondere bellezza e conoscenza, ma di far arricchire a più non posso Li Hongzhi e la sua cricca, che già oggi nuotano nell'oro: e se ciò passa anche attraverso lo sfruttamento di minori e la violazione delle leggi, poco importa, per non dir proprio nulla.
Gli ultimi documenti fiscali di Shen Yun, come riportato da Forbes, testimoniano un patrimonio di oltre 265 milioni di dollari, ovvero ben superiore a quello di numerose e prestigiose compagnie teatrali americane come l'American Ballet Teather, in cui soltanto gli apprendisti ricevono quasi 1000 dollari alla settimana grazie agli accordi coi sindacati: va da sé che la compagnia nelle mani del Falun Gong, invece, di sindacati non ne volesse sentir neanche l'odore. Per imbonire molti artisti che legittimamente s'aspettano qualche compenso, o perlomeno di poter vedere prima o poi qualche più concreto e maggiore guadagno, Shen Yun non esita neppure a tirar fuori tutto il suo vocabolario di precetti mutuati dal Falun Gong, che predica un distacco dalle ambizioni materiali per concentrarsi semmai sulla grande “gratificazione” di un gruppo di veri e propri “eletti”, “illuminati”. Peccato però che anche il Falun Gong, proprio come la sua compagnia teatrale, accumuli intanto immensi capitali all'ombra di tutte le sue “belle” predicazioni sul rifiuto dell'arricchimento nonché, potremmo poi aggiungere, anche della medicina, della scienza, della teoria dell'evoluzione o ancora su quanto giusto sia discriminare omosessuali e disabili. Un ex ballerina unitasi a Shen Yun a soli 13 anni, Chang Chun-Ko, ha raccontato d'aver guadagnato 500 dollari al mese come studentessa e 1000 come professionista, lavorando fino a 65 ore a settimana contro le 25 indicate dal contratto. Si sentiva sottopagata, ma non “osava” (!!!) chiedere spiegazioni: più che “gratificazione”, i suoi “eletti” ed “illuminati” maestri le trasmettevano evidentemente “soggezione”.