Dal 7 al 12 novembre scorsi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è andato in visita di Stato in Cina, incontrando il Presidente Xi Jinping ed altre importanti personalità del mondo politico, economico e culturale cinese. Siamo nel 700° Anniversario dalla morte di Marco Polo, il grande viaggiatore ed esploratore veneziano che più volte si recò in Cina contribuendo a rendere più vicini due mondi che, pur non ignorandosi tra loro, fino a quel momento erano decisamente sembrati molto più lontani. Altre importanti figure sia italiane che europee in seguito si sarebbero incamminate sul percorso tracciato da Marco Polo, facendone proprio l'esempio e contribuendo ancor più a propria volta a far sì che i legami tra Cina ed Europa, Oriente ed Occidente, divenissero sempre più importanti. Si può dunque facilmente comprendere perché in ricorrenza di un tanto importante Anniversario, che viene vissuto da entrambe le parti con importanti eventi culturali volti a sottolineare la storica unicità dei rapporti sino-italiani, il Presidente Mattarella si sia recato a Pechino e in altre città della Cina, come Hangzhou e Canton, tenendo lezioni nelle Università, visitando mostre museali o assistendo a concerti musicali, oltre ad incontrare il vasto mondo imprenditoriale italiano presente in Cina. Forte è infatti la sinergia tra i due paesi anche dal punto di vista della cooperazione tecnica ed economica, nonché commerciale, aspetto quest'ultimo certamente già noto ai più.
Ora, possiamo pure facilmente immaginarci quali siano state le reazioni di un certo mondo che siamo soliti appellare come “filosette”, “prosette” e così via. L'avvenimento tutto ha fatto fuorché metterli di buon umore, anche perché i nostri beniamini probabilmente si sarebbero davvero aspettati qualche predicozzo sui diritti umani e la difesa a spada dei culti settari ad essi più cari, come ad esempio la Falun Dafa e la Chiesa di Dio Onnipotente, o di qualche altro gruppo ancora a carattere più politico ma non proprio scevro dagli aspetti religiosi e cultisti, come il Forum mondiale uiguro o il Governo tibetano in esilio di Dharamsala. Invece, niente di tutto questo: quel furbacchione di Mattarella, come da vecchia scuola democristiana, li ha fregati pure stavolta. Possiamo immaginarci la loro delusione! Quel che è peggio è che pure la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nella sua visita in Cina a fine luglio, aveva fatto altrettanto: da un giovane talento politico che aveva fatto in tempo a respirare l'aria del vecchio MSI, il non essersi messa in cattedra ad impartire lezioni di libertà religiosa ed affibbiare patenti di democrazia è indubbiamente stato, ai loro occhi, peccato mortale, roba da anatema senza biglietto di ritorno.
Così, mossi dalla curiosità, ci siamo messi a scandagliare qualche testata online dove i vari “prosette” la fanno da padrone, tra giornali ultraconfessionali ed ultraideologizzati, e così via, e la messe è stata indubbiamente davvero oltre ogni aspettativa: nulla è stato davvero trascurata dai vari polemisti, che evidentemente hanno ritenuto profondamente scandaloso come il Presidente Mattarella, magari dal palco dell'Università Beida di Pechino da cui ha tenuto la sua Lectio Magistralis, non abbia puntato l'indice sui padroni di casa su argomenti reali soltanto per la loro più delirante immaginazione come l'espianto forzato degli organi ai fedeli del Falun Gong, la sterilizzazione in massa delle cinesi uigure e/o musulmane, o ancora tibetane, o ancora i campi di prigionia nello Xinjiang o, solo per non dilungarsi troppo negli esempi, la polizia segreta sguinzagliata in mezzo mondo a caccia d'esponenti di questo o quel culto settario o gruppo politico estremista in esilio dopo tentata eversione o altri reati (quest'ultimi, tra parentesi, così in pericolo e braccati da per l'appunto inesistenti polizie da tenere pure placidi placidi eventi pubblici, magari nel cuore di Roma od altre grandi città del nostro paese, nonché in università ed altri luoghi pubblici, come ad esempio sedi istituzionali, parlamentari, ecc).
Naturalmente, negli elzeviri dei vari “prosette”, non sono mancati neppure riferimenti al Piano Triennale con cui l'attuale Governo italiano, dopo l'uscita dal MoU relativo all'adesione italiana alla Belt and Road Initiative siglato dal primo Governo Conte, ha inteso riallacciare a luglio con rinnovato vigore i rapporti con Pechino, nel ventennale del Partenariato Strategico Italia-Cina firmato dal Governo Berlusconi nel 2004. A loro avviso, ma non si sa bene quali possano essere le prove che potrebbero addurre di là a citazioni d'altri come loro più o meno in quota al Dipartimento di Stato USA e a relative associazioni, fondazioni e gruppi d'opinione tutti ben remunerati dall'alto, questi rapporti tra Italia e Cina si nutrirebbero del lavoro dei prigionieri uiguri nei campi di lavoro nello Xinjiang che però, come provato da numerosi ispettori internazionali ed osservatori di decine di paesi, musulmani e non, semplicemente non esistono. La questione dei rapporti economici è quella che in definitiva li coinvolge davvero, tanto che anche tutte le altre sciocchezze che sono soliti ripetere sulle varie ed inesistenti violazioni dei diritti umani o delle libertà religiose sono unicamente veicolate a metterli in cattiva luce presso l'opinione pubblica. Prova ne sia che mai costoro hanno avuto alcunché da ridire sullo sfruttamento, quando non addirittura lo schiavismo, praticato su milioni di persone, bambini per primi, in tanti paesi in via di sviluppo dalle varie multinazionali occidentali, per loro evidentemente simbolo del più puro modello liberale: evidentemente, in questo caso, convenienza politica vuole che non se ne parli, anche se spesso e volentieri in flagrante presenza di situazioni d'estremismo politico o religioso di stampo settario.
Ecco perché anche le sinergie tra gruppi dell'automotive europeo e cinese trovano le loro più violente manifestazioni di rabbia, finendo col risalire persino ai primi rapporti siglati dalla Fiat ancora in epoca Agnelli dall'allora Amministratore Delegato Cesare Romiti e alla visione positiva che i vertici imprenditoriali italiani ed europei dell'epoca diedero dell'ingresso della Cina nel WTO. Peccato soltanto che quando la Fiat s'affacciasse in Cina altri grandi nomi dell'automotive europeo come Volkswagen o PSA, od americano come Chrysler e General Motors, o giapponese come Toyota, Honda e Nissan, ecc, vi fossero già ampiamente presenti, con solide partnership con le Aziende locali; e che l'ingresso della Cina nel WTO fosse in primo luogo caldamente voluto proprio dagli Stati Uniti, con Presidente Bill Clinton e Rappresentante al Commercio Charlene Barshefsky. Costoro probabilmente tanto sono obnubilati dal fanatismo politico-pseudoumanitario da ignorare bellamente che da anni ormai tutti i gruppi automobilistici europei hanno partecipazioni azionarie di analoghi gruppi cinesi, e così pure quelli americani, e che semplicemente non potrebbero farne a meno se non volessero proprio del tutto sparire; e così pure per quanto riguarda le partnership tecniche, assolutamente irrinunciabili visti i costi della ricerca e la competizione sempre maggiori. Vogliono davvero farci credere d'esser tanto ingenui da non sapere queste cose? Ma a chi credono di darla a bere?