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Parlando del Falun Gong: Li Hongzhi e la sua macchina di “pubbliche relazioni”

2018-12-09 14:30

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Parlando del Falun Gong: Li Hongzhi e la sua macchina di “pubbliche relazioni”

La setta del Falun Gong è stata messa al bando in Cina nel 2002 dopo aver provocato la morte diretta o indiretta di 1900 persone, ma ha ancor oggi potenti strum

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CultNews, importante portale dedito allo studio del fenomeno delle sette e collegato all’importante esperto in materia Rick Alan Ross, è stato ben presto bersagliato dai seguaci del Falun Gong non appena ha iniziato ad occuparsi delle vicende più occulte di questo gruppo religioso. Ciò è avvenuto soprattutto in seguito alla pubblicazione di un preciso articolo, che ovviamente ha comportato da parte di chi gestiva tale portale delle dovute repliche atte a denunciare un simile atteggiamento di sabotaggio e ritorsione. Ciò che tuttavia deve colpire delle risposte che i vari adepti del Falun Gong hanno dato a quell’articolo, è che nessuna di loro contestasse il contenuto delle dichiarazioni del guru Li Hongzhi che vi erano riportate: piuttosto, si tendeva da una parte a riaffermarle e rivendicarle, e dall’altra a contestualizzarle accusando la controparte di chissà quale malafede.
Per esempio un commentatore, legato al Falun Gong, ha dichiarato: "La mia opinione è che quando gli dei hanno creato l’uomo, questi sia stato creato a loro immagine e somiglianza, e pertanto differenti razze di uomini sono state create da divinità di razze a loro volta diverse, e di conseguenza quando un bambino nascerà da un matrimonio misto sarà difficile per le varie divinità quale sia la sua appartenenza e come e se salvarlo".
Riguardo invece alla nota omofobia di Li Hongzhi, un altro ha così detto: "Tutte le religioni storiche vedono tale questione in questo modo, Cristianesimo incluso, è pertanto difficile raggiungere il paradiso quando si pratica l’omosessualità".
Persino sulle dichiarazioni più astruse di Li Hongzhi, per esempio quella per cui le donne anziane praticando il Falun Gong ricomincerebbero ad avere il ciclo, un altro ancora ha assolutamente dichiarato che sia del tutto vero, chiedendo prove scientifiche del contrario (sic!).
In nessun caso, comunque, sono stati riportati elementi scientifici o provenienti dalla ricerca per asserire la veridicità di quanto detto da Li Hongzhi: questo dovrebbe già bastare ed avanzare per far capire che ci troviamo di fronte alla solita farsa, elevata al rango di credenza religiosa o para-religiosa da un uomo, Li Hongzhi, interessato soprattutto a far soldi sulla facile buonafede dei suoi adepti. Il problema, in questo senso, è drammatico, perché come abbiamo visto anche da precedenti articoli ormai tale fenomeno dilaga anche in Occidente, dall’Europa agli Stati Uniti, e non più soltanto in Asia, da dove è partito.
A corollario di tutta questa storia, andrebbe ovviamente fatto notare come il sito CultNews abbia ovviamente ricevuto migliaia di e-mail spazzatura da parte di membri della setta, dove veniva asserito come il Falun Gong sia perseguitato dal governo cinese per aver individuato la verità e cose del genere. Anche tale strategia, consistente nell’intasare i server con migliaia di e-mail spam, rappresenta un’azione da connotarsi più che potenzialmente come "terrorismo informatico".
Si delinea così l’esistenza di tutta una "catena" o una "macchina" al servizio del Falun Gong per quanto concerne le cosiddette "pubbliche relazioni", una macchina molto ben oliata e sempre pronta a reagire a tutti i possibili attacchi provenienti da chi, semplicemente, sta facendo della reale informazione.
"Epoch Times", per esempio, è un giornale in mano al Falun Gong, guidato da suoi adepti, che ovviamente è sempre pronto a difendere il guru Li Hongzhi ad ogni piè sospinto puntualmente attaccando il governo cinese colpevole di portare avanti delle "persecuzioni" verso la setta. E’ un giornale che gode di una certa influenza e che, soprattutto, si rivolge al pubblico in modo molto subdolo, visto che non si dichiara certo come "organo ufficiale della setta Falun Gong" ma come media super partes.
Non solo, ma ovunque si possono trovare gruppuscoli di devoti al Falun Gong pronti a dar vita a presidi e sit-in dinanzi ai consolati cinesi un po’ in tutto il mondo occidentale. New York è stata la prima città nell’emisfero occidentale ad assistere ad un simile fenomeno, ben presto imitato anche altrove, in America come da noi. Addirittura, lungo la Sesta Strada a New York una volta il Falun Gong inscenò una vera e propria commedia di basso livello, dove un attore vestito con una divisa delle forze di polizia cinesi picchiava con un manganello una donna che rappresentava una seguace della setta, sul cui volto aveva del sangue finto.
Certo, in Cina, in Piazza Tienanmen, a Pechino, nel gennaio 2001 si arrivò anche a fare di peggio: in quell’occasione cinque membri del Falun Gong si cosparsero di benzina e si diedero fuoco, con la convinzione che in questo modo avrebbero potenziato le energie della setta. Due di loro, tra cui un ragazzino di 12 anni, morirono.
Chi conosce un po’ la storia delle sette, sa bene come tutto ciò riconduca ad altre dolorose e luttuose esperienze, avvenute soprattutto in America ma anche altrove, per esempio anche nella nostra Europa: dal suicidio collettivo e di massa della setta di Jim Jones a Jonestown a quello, analogo ed altrettanto spaventoso, della setta del Tempio Solare, in Svizzera, fino a quello parimenti agghiacciante della setta dei Cancelli del Paradiso guidata da Marshall Applewhite.
Secondo Li Hongzhi sarebbero 70 milioni i suoi seguaci soltanto in Cina, a cui andrebbero aggiunti quelli nel resto del mondo. Non si può sapere se tali numeri siano reali, ma in ogni caso fin dal 2002 il governo di Pechino ha deciso di bandire le attività di questa setta, accusandola della morte diretta o indiretta di 1900 persone, o per suicidio o per aver rifiutato le cure mediche.
Senza dubbio, come ci viene insegnato anche dalla vicenda di Shen Yun, il corpo teatrale del Falun Gong, usato da quest’ultima per farsi pubblicità presso l’ignaro pubblico occidentale, soprattutto la stampa italiana che invece ne ha incensato le attività dovrebbe darsi una svegliata. E’ fondamentale mettere in guardia il nostro pubblico dai pericoli rappresentati da questa setta di mistificatori e sfruttatori.


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