
Probabilmente non avrà destato particolare l'attenzione l'articolo apparso sul Fatto Quotidiano lo scorso 2 dicembre, dal titolo: "Pechino, il regime perseguita i seguaci del Falun Gong. Il grido di Yunyan: "I miei genitori sono spariti", un po' perché questo genere di notizie raramente suscita particolare interesse nel pubblico (ancor più in un periodo in cui la maggior parte guarda già alle feste di Natale), ed un po' perché l'articolo è oltretutto riservato ai soli abbonati, escludendo quindi i più, che invece preferiscono accedere in modo gratuito ai contenuti offerti dai giornali. Ad ogni modo, mal di poco, perché se qualcuno volesse davvero leggerlo senza comunque dover pagare, allora potrà ripiegare sulla sua versione gratuita uscita addirittura più di un mese prima su The Epoch Times, ovvero il giornale di proprietà della setta Falun Gong.
Naturalmente la storia raccontata dalla sedicente Yunyan è la solita fiera del luogo comune, e ripete numerose altre narrazioni già lette o sentite dire in passato sia sulla stessa Epoch Times così come in conferenze ed eventi pubblici (a cui oltretutto hanno talvolta partecipato anche personalità del mondo della politica e della cultura nazionale, in particolare quando si sono tenute addirittura in sedi istituzionali) o in contenuti audiovisivi prodotti dalla setta come certi film e musical diffusi a piene mani dalla sua rete televisiva New Tang Dinasty. Il copione strappalacrime, soprattutto per chi si commuove facilmente (e magari è pure un po' ingenuo...) è assicurato. Pare quasi di leggersi quello de "L'angolo rosso", il celebre film in feroce salsa anticinese recitato tanti anni fa da quel Richard Geere notoriamente sempre inginocchiato a baciar le mani del Dalai Lama.
A provare ulteriormente la difficile per non dir impossibile credibilità della narrazione fornita, il fatto che anche la storia dello stesso movimento Falun Gong descritta in entrambi gli articoli sia, eufemisticamente parlando, ben più che falsata e romanzata. Si parla infatti ben poco della vicenda personale di Yunyan e della sua ipotetica famiglia in Cina, poiché ben presto la stessa Yunyan (o l'autore dell'articolo, che però su Epoch Times è un uomo, almeno sempre prendendo per buona la firma in calce all'articolo; cosa che del resto vale anche per l'intervistata, visto che potrebbero tranquillamente essere entrambi due nomi e due identità inventate di sana pianta) si mette a recitare ben altra storia, ovvero a narrare la drammatica "persecuzione" subita dal Falun Gong in Cina a partire dagli Anni '90 e a metterci in guardia per il futuro, perché se non si starà attenti il problema si potrà estendere anche al resto del mondo ("dove andremo a finire con questa Cina sempre più potente, se non la fermiamo finché si può" è quanto pare quasi di leggere nel lungo articolo, e neanche troppo tra le righe).
D'altronde, a sostegno delle loro argomentazioni l'intervistata e l'intervistatore citano praticamente solo gli altri siti ufficiali della setta come Minghui, che è un po' come dire che citino se stessi, e la giovane attrice ed attivista Laura Hart (in verità, non una star delle più affermate, almeno a giudicare dai ruoli e dalle comparse ottenute in film e fiction, e questo magari spiega anche la sua dedizione all'attivismo politico: grazie al Partito Radicale Transnazionale, infatti, ha ottenuto un pur sempre altisonante titolo di consigliere e rappresentante alle Nazioni Unite), di cui menzionano un'intervista rilasciata alla BBC in cui veniva rimasticata la famosa accusa della "polizia cinese" sguinzagliata a caccia di dissidenti nei paesi europei: un'altra "fake news" che desta un certo successo nell'opinione pubblica sebbene fosse già stata smentita ancora molto tempo fa, e che senza sorprendere nessuno trova come al solito nel Falun Gong i suoi ideatori, nel giornale Epoch Times la sua grancassa mediatica e nei Radicali una delle sue grancasse politiche.
Ciò detto, sebbene non sorprenda la facilità con cui anche delle importanti testate italiane si lasciano ingannare da fake news altrui al punto da rilanciarle a loro volta in totale buonafede e senza la premura di dar loro un adeguato controllo preventivo, la delusione resta comunque. I professionisti dell'informazione, non soltanto in Italia, dovrebbero pertanto approcciarsi a certe notizie con più circospezione, per non dir proprio diffidenza; a maggior ragione se quelle notizie che si trovano ad offrire come un vero e proprio scoop o un approfondimento da riservare in via esclusiva ai soli lettori più fidelizzati sono in realtà già state diffuse più di un mese prima da altri su internet, come prodotto gratuito e di mera e becera propaganda, sempre con l'immancabile sistema del "clickbait", ovvero dell'articolone sensazionale che attira i lettori e le visualizzazioni con relativi e a quel punto facili introiti garantiti dalle inserzioni pubblicitari.