Lo scorso 10 settembre il Falun Gong italiano, rappresentato in verità da ben pochi volenterosi, ha partecipato coi altri suoi "compagni di fede" giunti da altri 35 paesi ad una sfilata nel cuore di Varsavia, in Polonia, dove esattamente come in altri paesi dell'Est Europa la setta negli anni è riuscita a raggrenellare un discreto "zoccolo duro" godendo di molte e spesso neanche troppo insolite complicità.
A foderare il numero dei partecipanti, naturalmente, non mancavano anche i molti ucraini affiliati alla setta che dal marzo di quest'anno, a causa del conflitto scatenatosi nel loro paese, hanno cominciato a spostarsi più ad Ovest, cominciando proprio da paesi come Polonia, Germania o Lituania ed altre nazioni dell'area UE. Ad accompagnarli, poi, anche molti altri ucraini giunti in Polonia per le medesime ragioni e a costoro legati da vincoli parentali od amicali, oltre che dai comuni sentimenti politici e russofobi. Del resto, anche molti altri che partecipavano alla manifestazione, cominciando proprio dai padroni di casa polacchi, non avevano fatto diversamente: un vasto corollario di sigle ed associazioni più o meno descrivibili come politiche od umanitarie partecipavano all'evento, pur senza sfoggiare i loro vari simboli e loghi. Quella di rafforzare il numero dei partecipanti agli eventi pubblici con la "truppa cammellata" dei più motivanti militanti delle realtà amiche è un'usanza ormai vecchia come il mondo, di cui anche in Italia ad ogni corteo, congresso e manifestazione politica viene sempre fatto un ampio ricorso.
"Il mondo ha bisogno di verità, compassione e tolleranza", "Citiamo in giudizio l'ex presidente Jiang Zemin", "Communism ultimate goal: destroy human race", "400 milioni di cinesi coraggiosi si sono dimessi dal Partito Comunista Cinese", erano solo alcuni dei tanti slogan che si potevano leggere sui vari striscioni, ma certamente i principali come ormai nella tradizione del "frasario" della setta. Indubbiamente, in un paese profondamente russofobo e in un clima di russofobia (e sinofobia) montante, sono pure slogan che non faticano più di tanto ad attecchire: prova ne sia pure l'entusiasmo con cui la nutrita delegazione ucraina, che insieme a quella polacca in quanto a numeri si prendeva la parte del leone, li condivideva insieme a tutti gli altri loro "correligionari".
Tuttavia, malgrado il forte sforzo organizzativo, il numero dei partecipanti è risultato ben al di sotto di quello che solitamente si può vedere in altre occasioni, ad esempio negli Stati Uniti o a Taiwan, dove invece le presenze sono sempre state di gran lunga più ben più massicce. Certo, sono realtà nettamente diverse da quella europea, ma pure nel Vecchio Continente fino a qualche anno fa il Falun Gong riusciva a mettere in piazza numeri davvero rilevanti; mentre oggi deve "invocare" l'aiuto dei suoi militanti più motivati, quelli disposti a sobbarcarsi anche lunghe e costose trasferte intercontinentali o persino extracontinentali da ben 35 diversi paesi, per mettere in piazza un presidio che, in una capitale pur sempre abbastanza vasta e popolosa come Varsavia (1,8 milioni di abitanti), appare comunque pur sempre lontano dal poter impressionare.
Se il Falun Gong intendeva sfruttare questa occasione per dare un forte segno di vitalità in Europa e soprattutto per cavalcare la crisi ucraina così da acquisire una maggiore visibilità ed aumentare il proprio numero di seguaci e simpatizzanti, si può allora tranquillamente dire che il tutto si sia concluso con un fiasco: forse più o meno maldestramente camuffabile da "soddisfacente raduno", ma pur sempre un fiasco.
Del resto, non è certo perseguendo una propaganda becera, buona solo per un pubblico largamente impreparato o privo di buon senso, che la setta potrà pensare d'invertire la tendenza negativa che da tempo sta ormai subendo da sempre più parti: basti pensare per esempio a certi slogan, difficilmente poco credibili. La vera e propria fissazione che i suoi militanti hanno con la Cina e il PCC, in Europa, a molti poco interessa o persino suscita diffidenza (a tacer poi della storia dei "400 milioni di cittadini cinesi dimessisi dal Partito", a metà tra fantascienza e ridicolo, visto che gli iscritti al PCC nel 2019 risultavano poco più di 90 milioni: a quest'ora, prendendo per buoni i dati del Falun Gong, non dovrebbe risultarvi più iscritto neppure il Presidente), così come suscita diffidenza anche veder tanta gente vestita tutta uguale, di giallo, radunata al Giardino Sassone, cuore verde di una bella capitale europea come Varsavia, a svolgere i propri stravaganti esercizi spirituali.