E' una notizia di questi ultimi giorni, indubbiamente molto importante e che tuttavia tra Europa ed America non è circolata granché: il Consiglio Mondiale delle Comunità Musulmane (The World Muslims Communities Council) ha nuovamente promosso la Cina come da anni fa sulla questione dello sviluppo umano e il rispetto dei diritti umani nella regione autonoma dello Xinjiang. Si tratta di un'organizzazione sorta ad Abu Dahbi, Emirati Arabi Uniti, diversi anni fa con lo scopo di rappresentare le tante espressioni del mondo musulmano sul pianeta, non soltanto per ciò che concerne i paesi a maggioranza musulmana ma ancor più quelli dove i musulmani costituiscono una minoranza. Negli anni ha acquisito sempre più importanza e centralità, ricevendo l'attenzione e la partecipazione di funzionari e studiosi di vaste parti del mondo che vi forniscono un prezioso contributo, volto fra l'altro a garantirne ancor più l'autorevolezza e la credibilità.
Comprensibilmente la notizia di questa nuova ed ennesima promozione da parte del TWMCC verso la Cina non poteva incontrare i favori di quanti, in tutti questi anni, hanno invece lavorato per far circolare le fake news sulla repressione, la persecuzione e persino il "genocidio" delle popolazioni musulmane uigure e kazake in Cina ed in particolare nello Xinjiang. Ecco, dunque, perché non l'abbiamo vista tanto circolare in Europa ed in America, dove al contrario abbondano tutte le altre fake news anticinesi che sempre parlano di un brutale trattamento di Pechino a danno dei musulmani, basate su campi di concentramento e di lavoro, sfruttamento nei campi e nelle fabbriche, esecuzioni sommarie ed abbondanti per numero, ecc, ecc. Se ben ci pensiamo, anche soltanto nella nostra Italia sono parecchi i giornalisti e gli attivisti politici che si sono garantiti una discreta platea ed un'altrettanto discreta visibilità diffondendo a piene mani proprio queste fake news, su giornali di prima importanza nel paese come il Corriere della Sera o in trasmissioni televisive di riferimento come Report: figuriamoci dunque cosa si potrà trovare andando all'estero, magari nel resto d'Europa o ancor più in Inghilterra o in Canada e negli Stati Uniti.
Dopotutto è proprio tra Stati Uniti, Inghilterra e Francia, ovvero nei paesi occidentali politicamente "capifila" anche per il resto dell'Occidente, che si possono trovare le principali basi ed ONG dedite alla "questione uigura" e alla causa dell'indipendentismo dello Xinjiang nella forma di Stato fondamentalista che dovrebbe prendere il nome di Grande Turkestan Orientale; un progetto che, come si può ben intuire, viene portato avanti finanziando sigle terroriste ed islamo-fondamentaliste che niente hanno a che fare con la cultura e gli interessi delle popolazioni musulmane della regione, esattamente come del resto Boko Haram niente ha a che fare con le popolazioni del nord della Nigeria e Al-Shabaab niente ha a che fare con quelle della Somalia. Ma evidentemente gli esperti che vengono chiamati in causa da testate come France24 la pensano diversamente, perché devono pur sempre fare onore ad un gruppo editoriale che al pari delle varie CNN, FOX e BBC nel corso degli anni s'è guadagnato una solida reputazione anche fuori da Parigi come massimo propalatore di menzogne di politica internazionale.
In fondo, dato il suo passato coloniale e i suoi interessi neocoloniali, il mondo politico e mediatico francese ha sempre bisogno di crearsi alibi ad hoc per poter continuare ad ingerire sia negli affari interni di paesi che un tempo erano sue colonie sia di altri ancora; e se l'alibi non c'è, semplicemente lo s'inventa. Ci ricorderemo tutti quante menzogne, bufale o fake news che dir si voglia vennero create proprio ad hoc sulla Libia per giustificare la "scampagnata" di Sarkozy del 2011, e quelle che poco dopo vennero create sulla Siria, a tacer poi di tutte quelle inventate prima, dopo e durante sulla Costa d'Avorio, il Mali, il Niger, il Burkina Faso, la Repubblica Centrafricana, il Corno d'Africa, ecc... Lo stesso copione, va da sé, è stato ancor più attuato pure dal mondo politico e mediatico inglese e statunitense, sempre ovviamente per le medesime ragioni neocoloniali. "Il fine giustifica i mezzi", ci ricordava un caro e lucido Niccolò Machiavelli.
Ed ecco perché, sempre ad hoc, nascono persino ONG, fondazioni e tribunali internazionali come lo Uyghur Tribunal o la Uyghur Foundation o la Uyghur Projects Foundation o lo Uygur Human Rights Project o la Uyghur Academy, ecc, ecc. Tutte organizzazioni autoreferenziali, che si citano e si danno credibilità e sostegno a vicenda, con in comune molti dei loro dirigenti ed esponenti, e che prendono soldi da varie strade sia ufficiali che ufficiose come ad esempio attraverso catene di donazioni e finanziamenti che partono da agenzie governative statunitensi, inglesi, canadesi, francesi, turche, arabe, e che per non dare troppo nell'occhio spesso trasmigrano attraverso varie fondazioni ed associazioni secondo il classico trucchetto fiscale e finanziario delle "scatole cinesi".
Tra i principali finanziatori spiccano il Dipartimento di Stato USA, la sua agenzia Freedom House, la CIA con la sua agenzia National Endowment for Democracy (NED), oltre al governo inglese e ai suoi relativi servizi d'intelligence, e a caduta anche tutti gli altri paesi precedentemente nominati con le loro varie istituzioni non molto più trasparenti e cristalline; tutte realtà che, come molti noteranno, non vantano di certo un gran bel curriculum in fatto di rispetto dei diritti umani e non solo. Insomma, un quadro assai opaco, ben lontano dal poter risultare onesto, imparziale ed attendibile: ma come già ci diceva il buon Machiavelli, sempre troppo poco studiato e sempre troppo ricordato ricordato, "Il fine giustifica i mezzi". Di conseguenza, se proprio le notizie e le cause umanitarie per colpire il nemico non esistono o non ci sono, si possono pur sempre inventare: così, "ad hoc", da zero, di sana pianta.