
Difficilmente si può contrastare un fenomeno politico e sociale, o persino economico, solo per decreti, ma a quanto pare alla Casa Bianca non la pensano esattamente così e infatti, a poco più di due settimane dal suo insediamento, il nuovo Presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo volto addirittura a “sradicare il pregiudizio anticristiano” in patria. Secondo i repubblicani della nuova gestione trumpiana, infatti, la precedente Amministrazione Biden avrebbe un po' troppo largheggiato in materia di misure liberal o comunque non molto in linea con una certa mentalità cristiano-conservatrice piuttosto diffusa nel loro seguito. Non si tratta solo d'ideologia woke o neoliberale, di provvedimenti in effetti fin troppo eccessivi sul fronte della concezione del genere e dell'orientamento sessuale, sulla maternità surrogata o su altre pratiche che peraltro in più occasioni in passato abbiamo criticato; ma anche di veri e propri reati come violenze, furti e danneggiamenti a danno di chiese, enti di beneficenza e gruppi per la vita a cui l'Amministrazione Biden, stando a quanto denunciato dal nuovo Presidente, non avrebbe dato alcuna concreta risposta. In base al Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, la libertà di religione e di credo sarebbe il primo diritto politico di ogni cittadino, che lo Stato federale dovrebbe nei limiti concessigli dallo stesso testo costituzionale tutelare e favorire, ma non certo inibire. Proprio qui, secondo Trump, inizierebbero i problemi, perché oltre ad aver interferito nella concreta possibilità di vivere e praticare il proprio credo di molti suoi cittadini cristiani, lo Stato federale avrebbe addirittura glissato su comportamenti lesivi nei loro confronto, quando addirittura non li avrebbe proprio incoraggiati e favoriti. Per esempio, dopo cento episodi a danno di vari obiettivi cristiani come quelli poc'anzi menzionati, la Camera dei Rappresentanti aveva adottato un testo in cui vincolava il governo americano a prender provvedimenti a tutela dei cittadini cristiani; ma poco dopo, nel 2023, il FBI aveva inserito i cattolici “radicali” e “tradizionalisti” tra le cause di “terrorismo interno”, e suggerito ai suoi agenti d'infiltrarsi nelle chiese cattoliche per mitigarne la “minaccia”.
Ora, tutti questi elementi ci danno certamente un'idea del forte conflitto politico, sociale e culturale che sta montando negli Stati Uniti e che trova proprio nel loro variegato spettro confessionale una delle sue più crude e popolari espressioni. Per decenni negli Stati Uniti la Chiesa Cattolica è stata al bersaglio di molte polemiche, non di rado strumentali, che traevano linfa da varie e compromettenti questioni interne che per lungo tempo le gerarchie ecclesiali avevano messo a tacere: una tra tutte, le violenze su molti minori da parte non soltanto di sacerdoti, ma anche di alti prelati. Gli apparati di sicurezza, non soltanto il FBI, sapevano ed annotavano, consci che al momento opportuno tutte quelle colpe così pruriginose sarebbero state utilizzate come arma ricattatoria sul Vaticano: a suo tempo, dopotutto, più di qualcuno vociferò che le dimissioni di Ratzinger fossero dovute ai forti attacchi politici partiti da oltreoceano e che trovavano anche oltretevere i loro rappresentanti in una nutrita pattuglia cardinalizia, e che non di meno più di una mano americana si fosse vista anche nell'elezione dello stesso Bergoglio, quasi una “rivoluzione colorata” tra le colonne di San Pietro. Nel frattempo, entro i confini americani, gli attacchi anche fisici alla Chiesa Cattolica e ai cattolici moderati aumentavano d'intensità, in un quadro che del resto vedeva anche scontri a danno di altri soggetti estranei al mondo cristiano ma pur sempre parte dell'ampia realtà interconfessionale americana. I cattolici tradizionalisti, tra i quali come sappiamo s'annidano non poche teste calde, sono stati in molti di questi casi i perfetti capri espiatori di tutta quella guerra politica che partiva spesso dai piani più alti dei palazzi americani; e ora che molti di loro siedono tra le fila della nuova Amministrazione sono a quanto pare ben decisi a vendicarsi con una non meno spietata resa dei conti.
Ci sarà addirittura una Task Force volta a “sradicare i pregiudizi anticristiani”, presieduta dal Procuratore Generale e formata da nove Segretari, a cominciare da quello di Stato, della Difesa e della Sicurezza Nazionale, oltre ai nuovi Direttori di varie agenzie tra cui lo stesso FBI. Praticamente una dichiarazione di guerra, che anche stavolta potrebbe avere effetti all'estero e non soltanto in patria, considerando che a parteciparvi vi sono di fatto pure i responsabili degli Esteri americani. Finora, come ben sappiamo, Washington è sempre stata ben lieta di "sporcarsi le mani" nelle questioni relative alle libertà religiose, cristiane per prime, a suo dire infrante in varie parti del mondo da governi non graditi alla sua agenda politica, da Cuba all'Iran, dalla Cina alla Russia, dal Nicaragua all'Eritrea, e chi più ne ha più ne metta: nessuno è mai sfuggito alla sua attenta lente d'ingrandimento. Se tanto ci dà tanto, anche stavolta non mancherà il pretesto per portar avanti lo stesso obiettivo, semplicemente riproponendolo sotto una diversa luce, maggiormente attenta ai culti dell'area cristiana, oggi effettivamente assai sotto pressione in varie parti del mondo, soprattutto in paesi amici: si pensi ai “sedicenti” cristiani della Chiesa dell'Unificazione o di Shincheonjii in Giappone e Corea del Sud, oppure alla Chiesa di Dio Onnipotente che tanto in Cina quanto altrove sta tornando a far sentire la propria voce reclamando proprio le attenzioni del Dipartimento di Stato americano; o ancora ai Testimoni di Geova, ugualmente non proprio in una delle loro stagioni migliori tanto in Russia quanto nelle “tolleranti” nazioni scandinave. Paradossalmente quella Task Force potrebbe risultare però anche “anticostituzionale” rispetto al Primo Emendamento, che come inizialmente premesso non digerisce l'idea che lo Stato federale possa con propri mezzi interferire nella libertà di religione e credo dei suoi cittadini, ad esempio istituendo come in questo caso un'entità che potrebbe intuibilmente favorire una religione come il Cristianesimo su tutte le altre. Insomma, più che spegnere le lotte interne negli Stati Uniti, che nel conflitto interreligioso trovano una loro espressione più che una loro causa, da ricercarsi semmai in ben altre ragioni di tipo socio-economico, questa nuova Task Farce potrebbe semplicemente segnarne l'inaugurazione di un nuovo capitolo, e in una certa misura anche contribuire ad una loro “riaccensione”.
A chiosa finale di tutte queste considerazioni, vorremmo poi toglierci un sassolino dalla scarpa parlando proprio delle tante denunce che Washington, in primo luogo coi documenti della sua USCIRF e del suo Dipartimento di Stato, ha rivolto negli anni a tutti quei paesi colpevoli di non assecondare la sua politica, di porsi quando come grandi potenze quando anche soltanto come semplici “ostacoli regionali” a limiti per i suoi interessi in varie aree del mondo o per la sua agenda strategica. Abbiamo fatto diversi esempi anche in questo articolo, e molti altri ancora ne abbiamo fatti in vari articoli precedenti di cui ormai il nostro archivio trabocca; ebbene, in tutti quei paesi Washington sosteneva che la “libertà religiosa”, dei cristiani come di altri, era violata dallo Stato o da altri soggetti che le sue istituzioni a vario titolo favorivano o comunque non ostacolavano. In primo luogo verso i nomi più grandi e pertanto anche più “chiacchierati”, come Cina, Russia e Iran, le accuse rivolte dagli Stati Uniti e dal vasto corollario di ONG, fondazioni, associazioni e testate giornalistiche fedeli nel servirli in queste avventure (i famosi “pro-sette” di cui sovente amiamo parlare) sono sempre state delle più massicce e vibranti. Per non parlare poi della doppiezza vista con paesi dove un tempo il potere era nelle mani di governi giudicati sgraditi dagli interessi euro-americani d'allora, descritti pertanto come violente od oscure “autocrazie”, ma prontamente riabilitati a membri del “mondo libero” non appena vi furono insidiati governi ben più malleabili nei confronti di Washington e dei suoi obiettivi nella loro regione: un caso su tutti, l'Ucraina, tanto avversata durante Yanukovic quanto lodata sotto i successivi governi, dove tra l'altro la presenza di elementi settari piuttosto discutibili appariva oltremodo allarmante. Ebbene, adesso invece viene fuori che se proprio dovevano esservi delle denunce dell'USCIRF, del Dipartimento di Stato o persino della stessa Casa Bianca, per violazioni delle “libertà religiose”, reali o presunte che fossero, quelle dovevano essere fatte proprio sul conto di ciò che in tutti questi anni stava avvenendo negli Stati Uniti, con una lotta interreligiosa che di giorno in giorno cresceva nei loro confini e che le istituzioni americane oggi non sanno come realisticamente come affrontare.