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Tra arte e politica, per il Falun Gong non è proprio una bella primavera

2025-04-14 18:00

OS

News,

Tra arte e politica, per il Falun Gong non è proprio una bella primavera

Come già di recente raccontato, la primavera ha infuso un po' di coraggio e buona volontà ai militanti del Falun Gong ma, ballerina com'è, con la sua

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Come già di recente raccontato, la primavera ha infuso un po' di coraggio e buona volontà ai militanti del Falun Gong ma, ballerina com'è, con la sua alternanza di pioggia e sole, la nuova stagione non sempre ha favorito le loro rinnovate iniziative. Gli appuntamenti di Roma e Cagliari, per esempio, sono apparsi come al solito piuttosto sottotono, persino lontani per partecipazione ed interesse del pubblico dai pur non esaltanti standard del passato. Non è avvenuto diversamente con altri appuntamenti, come quelli a Firenze, Mestre, Milano o Torino, dove i rispettivi nuclei della setta possono solitamente contare su alcuni praticanti pescati dalle cospicue comunità cinesi locali: quest'ultimi, infatti, tendono ormai a scemare sempre più nel numero, e già in precedenza non sempre hanno brillato per partecipazione. 

 

Circospetti per natura, i membri della comunità cinese meno legati alla propria nazione d'origine raramente danno più di tanto spago anche agli italiani, a maggior ragione se per iniziative legate ad un culto dalla fama a dir poco controversa; temono di esser notati da occhi indiscreti, pertanto preferendo farsi gli affari propri. Così, quando la bella stagione lo permette, solo un modestissimo pugno di persone si dà appuntamento la domenica nei giardini pubblici di questa o quella città, da Roma a Firenze, da Bologna a Torino, o  magari a Prato, passando pressoché inosservato: soprattutto nelle medie e grandi città, si sa, le attività svolte nel verde pubblico durante i fine settimane sono delle più varie, tra musica, sport e cultura, e un piccolo gruppo dedito a qualche esercizio ginnico più o meno ispirato alle dottrine orientali non cattura più di tanto l'attenzione. Ciò, ovviamente, solo quando i militanti del Falun Gong vi sono presenti, cosa che come abbiamo già detto non sempre avviene con svizzera regolarità.

 

Nemmeno si può dire che abbia avuto un gran successo la mostra organizzata solo pochi giorni fa al XII Municipio di Roma, dedicata ai quadri realizzati dalla setta, con uno stile che un po' ricorda quello di un certo neorealismo sovietico stavolta prestato però ad un ben differente indottrinamento. “L'arte di Zhen Shan Ren”, ossia di “Verità, Compassione e Tolleranza”, ha quantomeno avuto in questa occasione la particolarità di tenersi per la prima volta a Roma, dopo aver già figurato in altre 900 città di 50 diversi paesi nel mondo: vantandosi di un tale indubbio record, i suoi organizzatori hanno così implicitamente ammesso che fino ad oggi l'Italia, ed ancor più la sua centralissima Capitale, non fossero state ancora contemplate, proprio perché tradizionalmente poco ricettive verso siffatte forme di propaganda religiosa. Ed infatti, nonostante lo zelante patrocinio prestato dal Municipio, bisogna riconoscere come anche in questo caso il successo non sia proprio fioccato come probabilmente i suoi organizzatori si sarebbero attesi, dacché tali pitture ad olio, dallo stile e dal messaggio decisamente propagandista, ben difficilmente possono far breccia nei cuori di un popolo che ha avuto nella propria storia talenti come Giotto, Michelangelo, Raffaello, Caravaggio, Leonardo, Donatello, e chi più ne ha più ne metta fino ai grandi dell'epoca contemporanea. 

 

Insomma, se gli italiani vogliono andarsi a vedere una mostra, non hanno che da visitare uno dei loro tanti e spesso non sempre così affollati musei, e se invece desiderano confrontarsi con l'arte di qualche artista straniero, tra passati e presenti ma d'inequivocabile valore hanno ugualmente tutto l'imbarazzo della scelta: un Bansky, giusto per parlare di un autore contemporaneo, con opere sempre in grado di far discutere e dalla più che implicita valenza politica, svetta irraggiungibilmente al di sopra di qualsiasi presunta opera artistica a firma del Falun Gong. Così, nella sala consiliare del Municipio, compresi i promotori politici locali e i vertici della setta, non si contavano in totale più di 25 persone: decisamente un numero a dir poco elitario, per una mostra oltretutto tenutasi in un sol giorno, il 9 aprile, senza poter quindi godere delle maggiori possibilità di visita da parte di altri cittadini altrimenti data da un lungo periodo di esposizione. 

 

Chi ha fatto un po' di politica, anche soltanto a livello di consigliere circoscrizionale o poco più, saprà come non si possa del resto tener occupata una sala consiliare per più di una mezza giornata o un'intera giornata proprio a voler esagerare; ancor più in quella di un Municipio romano, dove oltretutto ciò provocherebbe ancor più disagi al funzionamento della suddetta istituzione e possibili rimproveri anche da parte delle altre formazioni politiche che, magari non condividendo il tenore dell'iniziativa, potrebbero pure sollevare delle polemiche. Insomma, la politica è sempre uno strumento da maneggiare con cura; e l'arte, non di meno.

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