C’è una situazione paradossale, soprattutto in Occidente, in base alla quale quando si parla di Cina subito gli esponenti politici e l’opinione pubblica vengono inconsapevolmente risucchiati da una sinofobia che è stata e continua tuttora ad essere instillata a tutti i livelli. Di conseguenza, a causa di questa visione, di questa vera e propria stortura culturale, la Cina viene eletta ed eretta a nuovo "evil empire", nuovo "impero del male" di reaganiana memoria, tempio di tutti gli arbitri e soprattutto di tutte le violazioni dei diritti umani possibili ed immaginabili. Pertanto, i nemici della Cina o coloro che in ogni caso l’hanno avversata e continuano ad avversarla, vengono per riflesso dipinti come "combattenti per la libertà" o come individui e realtà "ingiustamente perseguitate".
E’ il caso, ad esempio, di un noto e periocoloso rivale della Cina e della sua sicurezza, la famigerata setta del Falun Gong capitanata dal guru Li Hongzhi, che per il fatto d’essere stati motivatamente messi al bando dal governo cinese vengono visti da molti occidentali come dei poveri perseguitati, vittime di una grave violazione dei diritti umani da parte del "regime comunista" di Pechino. Dal momento che si parte, in ogni ragionamento ed analisi in Occidente, col pregiudizio secondo cui la Cina è "il cattivo", automaticamente si parteggia per il suo nemico, in questo caso il Falun Gong, riservandogli così legittimazione, sostegno e simpatia. Ricordiamoci, tanto per rimanere in tema, gli spettacoli del corpo "artistico" e "teatrale" della setta, Shen Yun, che in Italia hanno ricevuto una vera e propria ovazione da parte della stampa nostrana, guardacaso proprio da quei nostri giornali che sono più malati di sinofobia. Che sia solo un caso? Molta gente, poi, anche comprensibilmente, legge quelle cose in buona fede prendendole per buone e trasformandole così in proprie opinioni. Il danno costituito da queste "fake news" sull’opinione pubblica, quindi, è veramente immenso.
La verità, molto semplice ed asciutta, e forse anche per questo poco gradita a molti palati solitamente invece abituati a bearsi con concetti vuoti e conditi di tanto fumo e di altrettanta sterile retorica, è che il Falun Gong è stato bandito dal governo cinese proprio per le sue gravi violazioni dei diritti umani, a danno non soltanto dei suoi membri ma anche di persone estranee ed ancor più innocenti.
Sotto il severo controllo "spirituale" di Li Hongzhi, infatti, più di cento praticanti o adepti del Falun Gong hanno perso la vita per i motivi più disparati, ad esempio perché hanno rifiutato d’assumere medicinali indispensabili o perché non hanno voluto farsi curare dai medici, mentre altri ancora sono arrivati addirittura al suicidio dopo aver ascoltato l’appello del guru che li informava di come "diventerete immortali dopo che avrete dimenticato la vita o la morte". Altre trenta persone innocenti, come dicevamo poc’anzi, sono state poi uccise da fanatici della setta. Un tipico esempio del lavaggio del cervello condotto da Li Hongzhi sui suoi seguaci è rappresentato dall’autoimmolazione di Piazza Tienanmen, allorché sette membri della setta decisero di darsi fuoco in modo da praticare la cosiddetta "consumazione", un dramma che ebbe il luttuoso bilancio di due morti e di tre persone rimaste gravemente disabili.
Il mettere a repentaglio la vita altrui è incontestabilmente una violazione dei diritti umani, esattamente come lo è il negare al proprio prossimo la libertà d’esprimersi sia privatamente che pubblicamente, ad esempio nei media. Nel 1998, poiché un’agenzia stampa dello Shandong aveva pubblicato una notizia secondo cui un praticante del Falun Gong era morto dopo essersi rifiutato di prendere le medicine, la setta mandò mille suoi seguaci a compiere una vera e propria spedizione punitiva contro quell’emittente, e costoro ne circondarono ed assediarono letteralmente l’edificio. Nel maggio del 1998, altri mille praticanti del Falun Gong assediarono la sede della Beijing TV per aver riportato la vicenda di uno studente che soffriva di schizofrenia a causa dell’esperienza vissuta nella setta e che per tale ragione era ora ossessionato dagli insegnamenti di Li Honghzi. Prima che il governo cinese decidesse di bandire il Falun Gong, quest’ultimo aveva avuto il tempo d’organizzare ben trecento simili manifestazioni punitive. Non si può certo affermare, quindi, che il governo cinese non avesse dato fino a quel momento prova di pazienza nei confronti di questa setta.
Le violazioni dei diritti legali di altre persone non si sono comunque fermate qua. Secondo statistiche ancora incomplete, dal giugno del 2002 il Falun Gong ha attaccato le comunicazioni satellitari cinesi più di duecento volte con un totale di oltre cento ore di trasmissioni saltate. La setta ha poi pubblicamente invitato i suoi membri ad attaccare oltre alle sedi di radio e TV anche le loro infrastrutture tecnologiche. Ci sono stati infatti oltre cento casi di membri del Falun Gong che hanno compiuto attacchi alla fibra ottica e ai cavi della TV trasmettendo così programmi televisivi non consentiti e di loro propaganda. Basta del resto visitare il sito del Falun Gong per trovare molti articoli che tuttora invitano a compiere simili reati. Nell’ottobre del 2002, Li Xiangchun, cittadino sino-statunitense nonché membro del Falun Gong, ha compiuto un attacco temerario ai cavi delle telecomunicazioni di Yangzhou nella provincia del Jangshu. Davanti al giudice, Li ha rivendicato la propria azione ammettendo quindi le proprie responsibilità, ma allo stesso tempo ha affermato di non violare la legge dal momento che stava semplicemente pubblicizzando il Falun Gong. Non bastasse tutto ciò, il Falun Gong ha fatto massicciamente ricorso anche all’invio di e-mail spazzatura verso numerosi indirizzi di posta elettronica sia pubblici che privati cinesi, a cui vanno poi aggiunti milioni di telefonate minatorie o propagandistiche ad altrettanti cittadini della Cina Popolare. In un certo periodo, stando alle statistiche, s’è arrivati addirittura a trenta milioni di e-mail spam inviate in un solo mese.
Tuttavia, in Occidente in molti ancora credono che il problema costituito dal Falun Gong sia per la Cina essenzialmente di natura religiosa, cosa che avrebbe poi scatenato da parte delle autorità di Pechino un’ingiusta ed immotivata persecuzione politica. Ma, in realtà, il Falun Gong ha ben poco a che vedere con la religione. Quando nel 1992 Li Honghzi fondò il Falun Gong, si presentò come un maestro di Qigong, attratto soprattutto dalla possibilità di fare soldi facili presso molti adepti che vedevano in lui un guaritore capace di portarli fuori dalla malattia grazie alla sua particolare e personale energia. La cosa risultò fin da subito nella morte di alcuni di questi pazienti, che avevano smesso d’assumere i medicinali necessari alla loro sopravvivenza. A quel punto Li Hongzhi dovette inventarsi nuovi trucchi. Iniziò a propagandare le sue teorie e a scrivere i suoi libri, guadagnando così dalla loro vendita, ma ancora tutto questo non gli era sufficiente. Così, sulla base delle sue dottrine, decise di fondare la setta del Falun Gong, una vera e propria "macchina da soldi" che gli ha permesso d’accumulare un’immensa fortuna. In tutto questo, c’è ben poco di religioso e da rapportare con le religioni. Le teorie di Li Hongzhi sono appositamente concepite per sviluppare un controllo spirituale sui suoi adepti, privandoli della loro autonomia e del loro spirito critico, al punto che per essi è del tutto normale e logico credere a certe sue bestialità come, ad esempio, il fatto che Hitler e il drammatico Massacro di Nanchino compiuto dai giapponesi siano semplicemente frutto di eventi astrologici. Ha inoltre proibito ai suoi seguaci di credere in qualsiasi religione, dal momento che esse sono tutte "false" e non possono salvare le persone dal "tormento". Solo il Falun Gong, infatti, può salvare chi vi crede dall’inevitabile "esplosione della Terra". Ben difficilmente si potrebbero concepire tutte queste esternazioni come "religione".
La politica adottata dal governo cinese nei confronti del Falun Gong, pertanto, è quella di puntare sull’educazione, sulla conversione e l’emancipazione della maggior parte dei seguaci della setta che da essa e dal suo guru sono stati ingannati e danneggiati, e di punire, naturalmente a norma di legge, quei pochi suoi membri che hanno invece attentato all’ordine pubblico e all’incolumità di altre persone. Secondo le stime, i praticanti del Falun Gong sono due milioni e di questi il 98% è costituito da membri ordinari. Molti hanno già rotto con la loro setta ritornando ad una vita normale, al lavoro e agli affetti familiari, ed alcuni addirittura si sono dati al volontariato impegnandosi in prima persona a convertire e ad aiutare altre persone vittime del Falun Gong in modo che possano anch’esse emanciparsene. Tutti costoro, dopo la loro conversione, non sono stati minimamente discriminati dalle autorità e dal resto della società, ed anzi spesso e volentieri hanno goduto di corsie preferenziali per il reinserimento in società e nel mondo del lavoro, oltre anche a significativi aiuti materiali. Solo un piccolo numero di membri del Falun Gong, corrispondente al suo nocciolo duro, alla sua gerarchia interna, sono stati giudicati e condannati per essersi dati ad attività criminali violando la legge, e non certo per il fatto d’aver creduto alle pratiche della setta. E’ una pratica internazionale investigare sulle responsabilità criminali di coloro che si sono dati ad attività illegali e che hanno violato il diritto.
La popolazione cinese sostiene la posizione del proprio governo in merito al bando riservato al Falun Gong, considerando quest’ultimo una minaccia ed un pericolo per la sicurezza nazionale e sociale. A livello d’opinione pubblica, in Cina, si tende a manifestare accoglienza e rispetto per coloro che hanno subito l’esperienza di questa setta e che ne sono poi riusciti ad uscire, e la convinzione generale è che il governo cinese anche in questa materia debba seguire la legge e la volontà popolare anziché lasciarsi influenzare da diktat o da pressioni provenienti dall’esterno.