Ed eccoci arrivati alla terza parte di questa nostra trattazione, dedicata alla “saga” di Shen Yun e delle sue apparizioni teatrali in Italia tra fine 2024 ed inizio 2025. Conclusa il 30 gennaio l'esperienza di Ancona, per la compagnia “artistica e settaria” del Falun Gong sarà la volta di Roma, dove s'esibirà al Teatro dell'Opera dall'1 al 5 febbraio. Anche in questo caso, non colpisce la ristrettezza dei tempi tra l'evacuazione da Ancona, dove l'ultima serata si terrà il 30 gennaio, e l'arrivo a Roma, dove già il primo giorno di febbraio vedrà tenersi il primo spettacolo serale. Abbiamo già commentato nelle puntate precedenti cosa ciò significhi in termini di sovraccarico lavorativo per tutti gli artisti della compagnia, e del resto lo sfruttamento a livelli di stato servile a cui sono sottoposti dalla dirigenza di Shen Yun è cosa ormai più che nota. Pur di fare cassa, i dirigenti della compagnia e della setta non si pongono obiezioni morali della minima specie, ritenendo del tutto naturale che i loro cantanti, ballerini ed orchestrali riposino il minimo possibile tra una città e l'altra, tra un teatro e l'altro. In meno di un giorno, infatti, dovranno far bagagli ad Ancona, smontando scenari e strumenti, portar tutto a Roma e rimontare ogni cosa affinché ogni cosa sia pronta per la prima serata al Teatro dell'Opera.
D'altronde, anche a Roma vi è un nutrito nucleo di “aficionados” della setta, soliti radunarsi per i loro esercizi ai Giardini degli Aranci o tenere qualche scalcinato presidio ai Giardini di Villa Grazioli, confinanti con l'Ambasciata Cinese, dove per l'occasione il selfie con qualche piccolo politico locale o con qualche agitatore dei radicali o d'altre associazioni “pseudo-umanitarie” da rivendere ai social è sempre di rito. A questi fedelissimi della setta, Shen Yun non può dire di no, e poi la centralità di Roma nel panorama nazionale è fatto indiscutibile, tanto da un punto di vista politico quanto mediatico. Non meno centrale e prestigioso è poi il Teatro dell'Opera, costruito tra il 1874 e il 1880, poco dopo che la Città Eterna era diventata Capitale dell'allora giovane Regno d'Italia: con una capienza d'oltre 1500 posti, è la dimora romana dell'Opera teatrale in musica e del balletto, solita ospitare autori e spettacoli di ben maggior caratura rispetto a quelli che è solita offrire Shen Yun.
Alla pari di quanto già detto per tutti gli altri teatri classici, anche in questo caso si può certamente affermare che il Teatro dell'Opera meriti ben di meglio, anche se questo per il pubblico di Shen Yun non sarà un gran problema: è una compagine di persone, proveniente dai quartieri più benestanti della Capitale, che costituisce la tipica borghesia sinistro-liberale a cui tanto piacciono certe cafonate in salsa misticheggiante, un po' finto orientale e un po' New Age, come proprio il verbo del Falun Gong sa essere. E poi c'è anche un altro fattore: a costoro poco importa la veridicità o l'attendibilità dei contenuti veicolati da Shen Yun nei suoi spettacoli o dal Falun Gong nei suoi precetti, purché rappresenti una ragione del loro esser parte della “bella società”, che s'assiepa tutta insieme proprio per amicizia e gregarietà politica, per spirito di classe e di censo. Hobby per ricchi annoiati, diremmo più banalmente: ma intanto questo è quanto la “buona borghesia” finto progressista delle grandi e medie città italiane è solita cercare e bersi ad occhio spento, come alibi per lo starsene insieme; a tenerla unita, dopotutto, oltre a queste cose di facciata vi è il privilegio di classe e la comunanza d'interessi ed affiliazioni politiche, non ultimo clientelari, in una commistione di pubblico e privato che da decenni si mangia intanto la Capitale.
Non sorprende proprio per questo il “tutto esaurito” segnato in ogni serata dal 1 al 5 febbraio, con biglietti che ovviamente per un Teatro tanto storico e centrale non possono certo essere dei più popolari: a seconda del posto scelto, si va dagli 80 ai 90 fino a 100, 120 e 150 euro. E' il costo consueto degli spettacoli di Shen Yun, come già dicevamo: talvolta spropositato per certi teatri, altre volte invece più ragionevole. Pur di far cassa ed ottenere quanto più pubblico possibile, in alcune mete la compagnia non esclude di mantenere il prezzo dei biglietti non al di sopra di certe prezzistiche, ben sapendo che potrà comunque rifarsi in altri teatri. Tanto, per lucrare un po' di più nell'ombra, c'è anche il bagarinaggio, sempre così diffuso; ed in tal modo, oltre a recuperare eventuali guadagni mancati, si possono pure regalare un po' di posti importanti a figure del mondo politico, culturale o mediatico “amiche” o da cui ottenere una “captatio benevolentiae”.
Conclusa la settimana romana, il 7 febbraio sarà la volta di Bari, in un altro grande teatro italiano come il Petruzzelli, dove la compagnia terrà i suoi spettacoli fino al 9. In totale tre giorni, ma molto intensi, con ben quattro spettacoli di cui due concentrati nella giornata di sabato 8, anche questa una prassi piuttosto consueta per la compagnia. Dello sfruttamento lavorativo e a monte anche psicologico a cui i membri di Shen Yun abbiamo finora ripetutamente parlato, e infatti anche in questo caso ne vediamo prove certe: in un giorno dovranno smobilitare tutto da Roma, caricare pullman e camion presi a noleggio, ed arrivare a Bari per rimontare tutto così da esser pronti per la serata del 7. Non c'è molto altro da aggiungere circa un comportamento dalla condotta così irrispettosa verso degli artisti sottopagati da una compagnia che intanto, sulle loro fatiche e sulla loro coercizione, ammassa miliardi in gran parte in nero. E, parlando di miliardi, che vanno a gonfiare i già ricchi bilanci di Shen Yun, non desterà certo sorpresa in nessun nostro lettore che anche in questo caso al botteghino si segni il tutto esaurito, con biglietti che andavano a seconda del posto in platea dai 75 agli 83 fino ai 95, 112 o 144 euro. Un amaro spettacolo nello spettacolo, per uno storico teatro costruito tra fine Ottocento ed inizi Novecento, arso da un terribile incendio nel 1991 e risorto dalle sue ceneri dopo lunghi travagli nel 2009. Indubbio dire, anche qua, che un nobile Teatro come il Petruzzelli meriti di meglio.
Ma pure a Bari, e pure questo non desterà certo sorprese in nessun nostro lettore, alberga una borghesia sinistreggiante e danarosa, piuttosto autoreferenziale e scollegata dalla realtà: casi tipici e stridenti, in grandi città dove invece nelle periferie imperano sempre più degrado e povertà, di là che ci si trovi al nord o al sud. Il fascino per certe pseudo-filosofie pseudo-spirituali, nate impastando malamente elementi mistici orientali e New Age, come proprio dell'offerta del Falun Gong e di tante altre sette consimili, esercita su queste borghesie annoiate un grande fascino, per di più in una cornice come quella pugliese, dove il dilagare delle sette religiose negli ultimi anni pare un fenomeno sempre più incontenibile. Non siamo nel Salento, ma a Bari, certo: ma intanto l'atmosfera è quella, con tutto un fiorire di strane comunità e un bacino di potenziali adepti in costante espansione, dove anche un Falun Gong sempre più in crisi tenta di guadagnarsi qualche remota possibilità di sopravvivenza per il futuro.
Con la serata del 9 febbraio, la compagnia concluderà la sua stagione italiana, lasciando certamente come negli anni precedenti un infinito strascico di polemiche tra molti spettatori che non ne avranno affatto gradito, e giustamente, il “livello artistico”. Ma questi spettatori non saranno ovviamente i borghesi annoiati, che hanno bisogno di sentirsi più buoni perché appartenenti alla “superiore civiltà occidentale” infarcita di valori “liberali” e “democratici”, fintamente “progressisti”, e che pertanto ben gradiscono prediche contro le “autocrazie” come quella cinese o di chissà quale altra parte del mondo, com'è nel repertorio dei loro giornalisti e scrittori preferiti e così pure del Falun Gong che, dicendo loro certe cose, sa sempre bene quali corde andare a pizzicare nelle loro pance e nei loro cuori. Quegli spettatori che tanto si lamenteranno, e che inondano i siti di recensioni con commenti al vetriolo, o che se ne andranno a metà spettacolo urlando e sbattendo la porta, saranno quei cittadini comuni, normali, che un collegamento con la realtà ce l'hanno, e che andando inavvertitamente a vedersi certi spettacoli si sentiranno comprensibilmente truffati; e ne saranno pertanto indignati, tanto da rimarne furibondi, adirati.