Il prossimo 4 febbraio saranno inaugurate le Olimpiadi Invernali di Pechino 2022. L'evento ha una grande importanza, non soltanto sportiva, ma anche politica e simbolica in generale, come in genere avviene con tutti i grandi eventi sportivi internazionali. Pertanto, oltre ad attirare l'attenzione degli appassionati, non poteva non catturare anche quella dei detrattori. Dei secondi, ogni Olimpiade ne ha sempre avuti un numero certamente inferiore ai primi, ma comunque andando sempre caso per caso.
Solitamente nei paesi occidentali, dal Nord America all'Europa, quelle dei paesi considerati come rivali o non allineati alla politica dei loro governi sono sempre state giudicate con maggior diffidenza. E' stato così, per esempio, con le Olimpiadi di Mosca 1980 o con le Olimpiadi Invernali di Sochi 2014, entrambe sottoposte a pesanti boicottaggi, e persino con gli Europei di Calcio di Kiev o coi Mondiali di Calcio del Brasile nel 2014, considerando che a quel tempo in tali paesi vi erano governi poco graditi fra USA ed UE e sui quali piovvero infatti non poche speculazioni e fake news. Anche nel caso delle Olimpiadi di Pechino 2008, conseguentemente, non poteva andare tanto diversamente; anche perché pure in quel caso la solerzia manifestata da una vasta corte di politici, giornalisti ed attivisti riuscì davvero ad inquinare in più di un momento il buon andamento della staffetta che precedeva l'inaugurazione dell'evento (celebre il caso di un attivista "Free Tibet" che, a Parigi, tentò d'irrompere nella corsa a danno di un atleta paralimpico cinese, fortunatamente senza però riuscire a raggiungerlo) così come, successivamente, a mettere in cattiva luce le Olimpiadi presso una parte del pubblico occidentale.
Possiamo dunque intuire, sulla falsariga di tali precedenti, che non mancherà anche in questa occasione qualche altra nuova sortita da parte dei medesimi ambienti o da altri di consimili. Certamente l'attivismo di aree fortemente impegnate, almeno in linea ufficiale e teorica, sul tema dei "diritti umani", non mancherà. Al tempo delle Olimpiadi di Pechino 2008 furono soprattutto gruppi politici e ONG "sensibili" al tema del "Tibet libero" a recitare la parte del leone; ma nel frattempo si sono aggiunti anche altri movimenti, magari nati per l'occasione, attivi con le medesime modalità ed intensità su altri argomenti ancora, come ad esempio le "persecuzioni nello Xinjiang", oppure "l'indipendenza di Hong Kong" o ancora la "libertà religiosa", quest'ultima altra componente dei "diritti umani" sempre usati in modo opportunista e strumentale.
In effetti, alla luce anche soltanto di queste caute considerazioni, non risulterà difficile ipotizzare che lo sfoggio di fantasia da parte del sempre più nutrito "fronte degli attivisti dei diritti umani" potrà superare ogni vecchio record. Non dimentichiamoci, poi, le vecchie strumentalizzazioni apparse in questi ultimi due anni di pandemia da Covid hanno a loro volta trovato terreno fertile, fruttando nuove correnti di pensiero che ci continueranno ad accompagnare ancora per un bel po': si pensi, ad esempio, solo al fenomeno di QAnon oltre a tutto il resto della "galassia complottista". Potrebbe facilmente venirne fuori un mix davvero esplosivo, ma perché ciò non avvenga dovrebbero essere i vari organi informativi occidentali (oltre, a maggior ragione, a tutto il mondo associativo e politico che vi è coinvolto o che lo ha assecondato o ha preferito disinteressarsene, lasciandolo automaticamente crescere) ad assumersi le proprie responsabilità prima che esso possa ritorcersi anche contro di loro. In parte, come abbiamo notato in questi mesi, qualcosa del genere è già avvenuto con l'enorme calo di fiducia verso media e politica che molti cittadini italiani ed occidentali hanno iniziato a manifestare, talvolta anche rumorosamente, proprio nel periodo del Covid e successivamente dei Green Pass. Per qualche tempo, forse, sarà ancora possibile ogni volta dirigere il malcontento verso altri obiettivi, evitando di restarne colpiti; ma potrà essere così per sempre?
Del resto, le fonti delle varie ONG, gruppi politici ed associativi, giornali e testate, ecc, attivi su queste tematiche hanno nella Freedom House e nella National Endowment for Democracy, e in tutto un vasto corollario di fondazioni ed agenzie americane ed inglesi oltre a qualche altra analoga istituzione canadese, francese o europea comunitaria, le loro fonti sia informative che finanziarie. Insomma, che parlino di persecuzioni nello Xizang-Tibet, o nello Xinjiang, o ad Hong Kong, o di stampo religioso, contro quelle che vengono definite come "nuove religioni" ma che in realtà sono soprattutto gruppi politici, economici e non ultimo terroristici (dal Falun Gong alla Chiesa di Dio Onnipotente, e così via), la farina è sempre quella dello stesso sacco.