Abbiamo notato, lo scorso 21 luglio, la consueta e piccola manifestazione tenuta da alcuni membri del Falun Gong (coadiuvati da alcuni altri loro vecchi sostenitori provenienti da associazioni sempre attive in cause, guarda caso, anticinesi, antirusse, antivenezuelane, ecc; l'importante è che siano gradite ai loro referenti USA ed UE) dinanzi all'Ambasciata cinese a Roma. Nulla che ci potesse sorprendere, anzi; come al solito ci ha pure profondamente gratificati notare come essi siano al solito il piccolo gruppetto sempre meno numeroso ed influente nella società e nella politica italiane, a tacer dei media che proprio per questo proprio si dimenticano, o volutamente evitano, di occuparsene. Comportarsi come il famoso soldato giapponese rimasto isolato in un atollo del Pacifico, che ancora a metà Anni ‘70 credeva che fosse in corso la guerra, sta ormai diventando sempre più controproducente in termini d'immagine per il Falun Gong italiano e per i suoi sempre più sparuti ed occasionali sostenitori esterni.
Tant'è che in questo senso avrà pure un po' sorpreso l'estemporaneo e tardivo attestato di solidarietà alla setta manifestato per l'anniversario del 20 luglio da due insigni esponenti politici come i Senatori Lucio Malan e Giulio Terzi di Sant'Agata. Va bene l'associazione “Nessuno Tocchi Caino”, molto legata ai Radicali e non solo; e va bene pure l'appoggio di qualche tradizionale esponente politico locale minore, visto che fin qui non vi è letteralmente nulla di nuovo sotto il sole; ma in quest'altro caso parliamo invece di due importanti figure della Repubblica, che nel corso della loro vita hanno ricoperto incarichi di grande rilievo. Ma anche stavolta nulla deve sorprenderci, giacché parliamo di due esponenti politici del centrodestra che, al pari di altri loro omologhi che militano in tutt'altri partiti dell'Arco Costituzionale, sposano comunque la consueta linea di stretta osservanza “euro-atlantista”, che non di rado anche quando deve occuparsi della Cina mira a tirar fuori qualsiasi argomento che possa risultare politicamente o culturalmente utile alla causa.
Nulla di male: siamo in democrazia ed è più che giusto che esistano le opinioni più disparate, a beneficio di un vasto pubblico ed elettorato che deve essere rappresentato in tutte le sue più svariate posizioni. Ma rimane comunque un po' sorprendente che due figure politiche tanto importanti esprimano solidarietà ad una setta religiosa che, come vediamo ormai da anni, è ampiamente screditata, scaricata persino da molti altri ambienti politici sia italiani che esteri vicini anche a loro e, in sostanza, classificabile né più e né meno come una “causa persa”. Forse anche questo spiega il dovuto equilibrio dei loro messaggi di solidarietà, non certo scritti con toni al fulmicotone, proprio com'era del resto lecito attendersi.
Ma torniamo ad occuparci del Falun Gong e delle sue apparizioni romane. Come spesso vi raccontiamo, ogni volta che il Falun Gong si riunisce in Italia per qualche sua apparizione, magari in occasione di date che la setta considera come fortemente simboliche, lo fa sempre concentrando al massimo le sue poche forze sparse nella Penisola. I centri in cui un po' si possono trovare piccoli gruppuscoli o anche solo singoli simpatizzanti sono solitamente le grandi città capoluogo, come Firenze o Milano, oltre ovviamente alla capitale Roma e a qualche altro centro minore prevalentemente del Nord e Centro Italia. Di volta in volta costoro vengono “convocati” col solito tam tam via social o via telefono affinché tutti presenzino “in massa” a queste loro belle “rimpatriate”. Sembra un po' la vecchia storia dei cento aerei di Mussolini che, venendo fatti volare di volta in volta in ogni città italiana, diedero alla fine allo stesso Mussolini e ai suoi alleati l'impressione che l'Italia potesse essere un'immensa potenza militare: come sappiamo, anche quella volta, la storia ricordò che la realtà non andava confusa con la fantasia.
Ecco perché poi ci ritroviamo con nuove apparizioni sempre nel corso di quei giorni, per sfruttare la concentrazione di un gruppo cittadino un po' più numeroso del solito, ad esempio con riti di preghiera straordinaria in altri punti del centro di Roma come il Giardino degli Aranci e Largo Giovanni XXIII, nelle successive giornate tra il 22 e il 24 luglio. Bisogna approfittare delle “vacanze romane” non per imitare la trama del celebre ed omonimo film, ma per pregare e dar spettacolo un po' da tutte le parti, possibilmente in luoghi sicuri, dove la presenza dei turisti e dei passanti sia garantita, in modo da fermarne il più possibile ai banchetti o da intercettarne sempre il più possibile col volantinaggio; e dove, magari, non ci si ritrovi nemmeno con qualche sbandato che ti venga a chiedere con insistenza un po' di spiccioli, cosa che indubbiamente turberebbe la resa scenografica.
A cavallo tra il 22 e il 24, il giorno 23, un altro piccolo ritrovo, una conferenza dove condividere con un po' di pubblico le esperienze del Falun Gong a Roma: vago il titolo, e poche le immagini diffuse, a riprova che non doveva esser stato nemmeno in questo caso un grande successo. Tanto che, per dar l'idea di una folta presenza in una sala pur sempre di non enorme capienza, l'unica foto della platea fatta circolare era stata scattata con molta cura, così da nascondere la sconfortante verità di un pubblico non proprio oceanico e forse neppure troppo attento. A riprova del modesto successo, poco trionfali anche i resoconti dei media della setta, come in primo luogo il portale Minghui, che hanno soprattutto puntato a raccontare le esperienze personali di alcuni imprecisati praticanti, e a far menzione di altrettanto imprecisati VIP che, a loro dire, gli avevano manifestato una qualche pur cauta comprensione. Immancabile il riferimento al messaggio di saluti da parte del maestro Li Hongzhi, fatto pervenire dal suo quartier generale a New York, agli occhi degli adepti sufficiente già da solo a dar memorabile valore a tutto l'evento.
Con tutte queste sue comparsate, l'obiettivo del Falun Gong italiano è di fornire una visione di presenze e seguito soddisfacenti alla propria Casa madre con sede a New York: è là, infatti, che si trova ormai da decenni il quartier generale della setta col suo fondatore Li Hongzhi e i suoi più stretti collaboratori. A loro, i referenti italiani devono pur dare qualche buona notizia, e qualche buona conferma annuale, cercando quantomeno di fornire l'immagine di un gruppo attivo e tenace, ben ramificato e considerato in tutta la Penisola. Se poi vi riescano davvero, questo è tutto da vedere; ma probabilmente anche per i “grandi capi” a New York il Falun Gong italiano è ormai considerato alla stregua di un caso perso.