L'attentato a Mosca, costato la vita a quasi 140 persone, ha rapidamente condotto alla pista dell'ISIS, in particolare la sua frazione del Khorasan (ISIS-K). Sebbene non si tratti della pista più gettonata, essendo stata ben presto riconosciuta come una sorta di “copertura” usata ad arte da ben differente nemico, e rimane comunque sempre di fondo l'elemento chiave del fondamentalismo e del terrorismo. Dell'ISIS in passato si parlava molto anche in Europa, soprattutto quando le sue fortune in Medio Oriente, Africa Subsahariana ed Asia Centrale sembravano non dover mai finire, ed ancor più quando uomini e cellule che ne erano affiliati iniziarono a compiere vari e sanguinosi attentati anche nelle nostre città; ma successivamente divenne un argomento di minor attualità. L'attentato a Mosca ha così risvegliato l'attenzione del pubblico europeo sul "fenomeno ISIS".
Prima dell'ISIS, e per molto tempo anche in seguito, fu al-Qaeda a suscitare i maggiori interessi e timori dell'opinione pubblica mondiale. I suoi attentati, a cominciare da quello dell'11 settembre 2001 a New York, fino alle successive azioni in varie aree del Medio Oriente, ebbero infatti un enorme e duraturo clamore. Molti studiosi cominciarono, già dagli Anni ‘90, ad occuparsene cercando di delineare le dinamiche delle organizzazioni islamo-fondamentaliste: quegli studi si sono poi rivelati d’indubbia utilità anche per meglio comprendere i movimenti nel tempo affiancatisi ad al-Qaeda fino in parte a succederle, proprio come l'ISIS. In generale, al-Qaeda come la maggior parte dei movimenti terroristi non sono dei culti o delle sette, almeno secondo il giudizio della normativa occidentale. Negli USA è terrorista chiunque compia atti terroristi, mentre nell'UE è un'organizzazione terroristica quella composta da due o più persone dedite ad attacchi terroristici, come omicidio, rapimento, distruzione di beni pubblici, nonché violenza urbana o azioni di coercizione, o ancora danneggiamento o distruzione del tessuto politico, economico e sociale del Paese. In entrambi i casi, non è necessariamente presente la connotazione religiosa o politica. Cambia invece la definizione di cosa sia una setta, che pure può avere caratteristiche tali da renderla per molti aspetti sovrapponibile ad un movimento terrorista: la credenza estrema in qualcuno o in qualcosa, l'uso di metodi di controllo immorali per persuadere e soggiogare l'altro come indurlo ad interrompere i rapporti con familiari ed amici, il fiaccarne la volontà rafforzandone la sottomissione, la forte pressione applicata in tutto il contesto organizzativo, il controllo delle informazioni volto a rimuovere la sua personalità e capacità critica, nonché l'aumento del suo senso di dipendenza da quell'organizzazione e la relativa paura ad abbandonarla, al dedicare la propria esistenza al successo dei suoi obiettivi e del suo leader ed infine anche al provocare danni agli stessi membri, ai loro familiari e alla comunità.
Si nota dunque come tra un'organizzazione terroristica e una setta vi siano sì delle differenze, ma anche delle profonde somiglianze, al punto che l'una potrebbe tranquillamente essere l'altra. A distinguere queste due realtà sta soltanto la direzione della loro azione distruttiva: per l'organizzazione terroristica è verso l'esterno, su coloro che non sono suoi membri, mentre per la setta è verso l'interno, su coloro che invece lo sono. Se le sette usano le loro pratiche per espandersi nella società ed acquisire sempre maggiori ricchezze, i movimenti terroristi invece ne fanno ricorso per poter meglio e più velocemente conseguire i loro obiettivi ideologici. Il confine tra le due entità si fa a questo punto piuttosto ambiguo, perché la storia ci insegna che numerose sette non disdegnarono il terrorismo per poter conseguire i loro scopi, come ad esempio la celebre Aum Shinrikyo che gettò il gas nervino nella metropolitana di Tokyo, o il Falun Gong che compì numerosi attentati in Cina fino all'autoimmolazione di alcuni suoi membri in Piazza Tienanmen Pechino; tuttavia altri movimenti, come Sendero Luminoso in Perù, noti come politicamente estremisti e terroristi, a loro volta non hanno disdegnato i metodi del settarismo, ad esempio col pervasivo culto della personalità del suo leader Abimal Guzmàn.
Tali caratteristiche, bene o male, le ritroviamo anche nei movimenti islamo-fondamentalisti, che meglio di altri hanno probabilmente unito l'estremismo religioso, le finalità politiche e il terrorismo. Il ristabilimento di un grande Califfato come quello sorto dopo l'avvento dell'Islam è stato l'ideale connotativo tanto di al-Qaeda quanto dell'ISIS, tant'è che le varie diramazioni di questi due movimenti in ogni parte dell'Asia, dell'Africa o del Medio Oriente hanno infatti sempre tentato di stabilire propri emirati o califfati in quelle aree dove riuscivano ad affermare una loro presenza a danno delle autorità. Tali obiettivi hanno avuto parziali ed effimeri successi tra Siria ed Iraq, in Libia, nel Caucaso durante la guerra in Cecenia che coinvolse anche Inguscezia e Daghestan, in Nigeria settentrionale, nell'alto Mali, in Somalia, in Pakistan e in Afghanistan, o ancora nelle aree a presenza musulmana delle Filippine. Tentativi prontamente frustrati si videro invece in altre aree dell'Asia Centrale, ad esempio nella regione autonoma cinese dello Xinjiang, dove facendo perno sui territori confinali dell'Afghanistan e su quelli settentrionali del Pakistan, difficilmente controllati dalle autorità centrali, vari gruppi islamo-fondamentalisti miravano ad operare una secessione per stabilirvi un proprio Stato islamico, il Grande Turkestan. Quest'ultimo, nelle loro intenzioni, avrebbe potuto espandersi anche a danno di altre repubbliche limitrofe, come il Kirghizistan e il Tagikistan. Naturalmente tali progetti, basati sull'irrealismo politico ma condotti comunque con settaria spietatezza, non hanno potuto che tradursi in un fallimento; ma non prima d'aver reclamato un proprio spesso drammatico bilancio in termini di danni umani, sociali e materiali.
L'uso strumentale che di tali movimenti è fatto a fini politici, per condurre una vera e propria “guerra sporca” contro il nemico, è provata da quanti spesso si trovano dietro le loro mosse. Prima di rivelarsi come “setta suicida”, con gli attentati dell'11 settembre 2001 (preceduti in ogni caso da altri, forse meno eclatanti ma sempre con la medesima caratteristica dell'attentato suicida, ad esempio contro le ambasciate statunitensi di Nairobi in Kenya e di Dar es Salaam in Tanzania del 1998), al-Qaeda era stata abbondantemente coltivata e foraggiata dagli USA attraverso la CIA e i suoi alleati in funzione antisovietica, in particolare nel quadro della guerra in Afghanistan. Successivamente, però, gli USA se la ritrovarono contro, salvo recuperare poi il controllo di molte sue parti con le Primavere Arabe. In quel periodo nacque, proprio da una costola di al-Qaeda, l'ISIS a cui gli USA e i loro alleati dell'epoca, europei e mediorientali, diedero un forte sostegno in funzione antisiriana ed antiraniana; ma successivamente si ritrovarono anch'essi a far le spese dei loro attentati e a ritrovarsi nel mirino della loro “guerra santa”.
Il contatto su tali organizzazioni, polverizzatesi nel tempo in una miriade di piccole frazioni sparse nel mondo ed indipendenti tra loro, ma accomunate dal medesimo logo e da pochi altri gesti identificatori in una sorta di “franchising del terrorismo”, è in ogni caso rimasto nel tempo permettendo all'intelligence occidentale di farne di volta in volta ricorso nel perseguimento dei suoi obiettivi strategici. Tale condotta, che più volte abbiamo raccontato in passato indicandone anche la poca saggezza di fondo (si gioca col fuoco, col rischio che quel fuoco non ustioni soltanto il “nemico” ma anche noi), continua senza dubbio ad essere disinvoltamente adottata anche oggi, e i fatti di Mosca in un certo qual modo lo stanno proprio a dimostrare.