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Shen Yun: un caso di sofisticazione mediatica

2022-03-18 16:00

OS

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Shen Yun: un caso di sofisticazione mediatica

Viene presentato come un evento "lungamento atteso", ma in realtà quello di Shen Yun in Italia è solo una comparsata pressoché annuale che si limita a

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Viene presentato come un evento "lungamento atteso", ma in realtà quello di Shen Yun in Italia è solo una comparsata pressoché annuale che si limita a pochi teatri (quasi sempre i soliti, a riprova che bene o male riesce ad attecchire solo laddove ha qualche persona disposta a fargli da "sponda", e quindi ad infilarne lo spettacolo nel palinsesto, magari pure brigando e faticando non poco giusto in nome della propria "affezione di setta") e che riscuote sempre un numero di spettatori tutt'altro che lusinghiero (venendo magari ampiamente surclassato, per gradimento del pubblico e quindi anche per biglietti staccati e relativi guadagni, da tanti altri spettacoli almeno apparentemente assai più "scialbi" o "dozzinali").

 

Ed è quello che puntualmente avviene anche stavolta, in Italia, per l'edizione della primavera 2022, che in realtà doveva tenersi nell'autunno 2021 ma che era stata rinviata perché, come per tanti altri concerti, spettacoli ed eventi pubblici, non era stato badato a sufficienza ai problemi legati all'epidemia da Covid. Per carità: proprio perché quest'ultimo è stato un errore fatto da tanti, non possiamo imputarlo soltanto a Shen Yun, ovvero al corpo artistico, teatrale e di ballo della setta Falun Gong. Però è significativo che, al pari di tanti altri cantanti, attori ed artisti vari non sempre rinomati per la grandissima prudenza od accortezza, anche i promotori di Shen Yun e gli organizzatori dei suoi spettacoli in Italia abbiano precedentemente fissato gli appuntamenti stagionali con la disinvoltura tipica di chi non è abituato a porsi il problema di come nel frattempo andranno le cose nel resto del mondo, a cominciare anche dal proprio paese.

 

I biglietti, ufficialmente, partono persino da prezzi piuttosto contenuti rispetto alla media degli spettacoli teatrali, sebbene non proprio economici; è però vero che in certi casi si riscontrano persino fenomeni d'intuibile "bagarinaggio", relativi a biglietti ufficialmente non disponibili nella vendita ufficiale ma comunque reperibili sempre nelle stesse vendite online. Dai 69 o 75 euro di Firenze (Teatro Verdi) o Milano (Teatro degli Arcimboldi) si arriva tranquillamente a prezzi che a quel punto salgono notevolmente, a seconda dell'orario e della fila anche a 147 o 331 euro: dipende da quante volte si "clicca" sul link che permette di ottenere il biglietto, perché si va sempre "caso per caso". Volete un esempio? Eccolo qui, così potete anche vedere l'agenda degli spettacoli di Shen Yun nella stagione italiana 2022.

 

Viene però da chiedersi se la direzione di questi teatri sorvegli tali azioni, e se ne sia stata informata. Non si tratta certamente di un comportamento gradevole agli occhi di molti potenziali spettatori, e sul quale semmai sarebbe opportuno indagare. Shen Yun stessa è al corrente di questo o peggio ancora lo approva perché funzionale ai propri guadagni? Non sarebbe un comportamento rispettoso neppure nei confronti dei teatri che ne ospitano gli spettacoli. Non vogliamo con questo dire che magari altri artisti non facciano questo e, chissà, magari pure altro, ma intanto questo è già un esempio serio su cui sarebbe opportuno aprire una riflessione. Non è da escludersi nemmeno che, in termini di semplice marketing, si spinga su un certo qual bagarinaggio per dare l'idea di uno spettacolo imperdibile, stimolando così un pubblico altrimenti troppo distratto anche da tante altre alternative: in fondo sia Milano che Firenze sono città piene di spettacoli, di vita, di concerti, d'iniziative, ecc. Non bisogna di sicuro "attendere in gloria" l'arrivo di Shen Yun, quando poi arriva, per potersi finalmente godere "una botta di vita" in grandi realtà metrolitane del genere.

 

Di sicuro gli spettacoli di Shen Yun sono ben lontani dal potersi presentare come grandi dimostrazioni di cultura o di qualità artistica. Del resto, basterebbe anche soltanto guardare le recensioni diffuse sui vari media: tolti pochi fogli online, non ve ne sono molti a trattare con toni di elogio le "performances" del tanto incensato corpo artistico della setta Falun Gong. Si faccia, per esempio, un giro su "Google News": il grosso degli elogi proviene proprio da altre fonti della setta stessa, ovvero dal suo quotidiano internazionale "The Epoch Times" e dalla sua TV online "New Tang Dinasty", che nella migliore delle ipotesi rimandano i giudizi di vere e proprie "vecchie cariatidi" ben lontane dal poter rasentare l'ambito titolo di VIP. Quando politici ormai da tempo fuori corso, quando nobili decaduti da generazioni, quando vecchi attori che non sono mai stati davvero sulla cresta dell'onda nemmeno nei loro anni migliori, ecc: insomma, questa sarebbe la platea di quanti elogiano gli spettacoli di Shen Yun. E noi dovremmo attenerci al loro biascicato entusiasmo e, addirittura, lasciarcene addirittura convincere?

 

Che gli spettacoli di Shen Yun, d'altronde, siano soprattutto a carattere politico e polemico (ragion per cui anche la pur cauta vis polemica di questo articolo, bene o male, è a sua volta più che giustificata), lo possiamo ben capire anche solo guardandone il sito ufficiale. "La Cina prima del comunismo", "Una cultura divina perduta", "5000 anni di civiltà rinascono", "La bellezza degli esseri divini che danzano"... Eddai! Ma perché tutta questa retorica? Si capisce subito dove si vuole andare a parare: ad attaccare la Cina odierna, che anche secondo il Falun Gong (secondo un principio che alle orecchie di molti occidentali suona come vera e propria musica, in particolare presso certi ambienti "che contano") sarebbe responsabile di spazzar via e far tabula rasa della sua cultura storica, pur di dar spazio ad un suo brutale regime attuale. Insomma, il sostegno che si dà al Falun Gong e quindi a Shen Yun è, in Occidente, in nome della "ragion politica", esattamente come quello che si dà ai gruppi islamisti che parlano dello Xinjiang o a quelli buddisti che parlano del Dalai Lama e del Tibet, ecc. La solita vecchia storia.

 

Ma chi va a vedere gli spettacoli di Shen Yun lo sa davvero? Perché paga dei bei biglietti, e poi si ritrova davanti a degli spettacoli che sono soprattutto propaganda politica. Anche questo andrebbe ben precisato. Se vi fosse una vera critica artistica e teatrale, lo farebbe presente e probabilmente lo fa eccome (all'estero, dopotutto, gli esempi abbondano: dagli Stati Uniti al Canada all'Australia, e così via: si vedano i vari giornali), ma certamente ben se ne guardano dal riportarla i media controllati dal Falun Gong (Epoch Times, NTD, Vision Times, ecc) che infatti furbamente ripiegano sulle già menzionate "vecchie cariatidi". Ecco perché è un caso di "sofisticazione mediatica" a tutto tondo.


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